
La mostra dell'oro
Arezzo, 6 luglio 2017 - Non ci stanno a passare per evasori, tantomeno ad essere etichettati come maneggiani i cui traffici risalgono «per li rami» fino al non compianto, almeno da loro, Licio Gelli. Noi, dicono, non siamo un manipolo di manigoldi ma un «popolo» di formiche che ogni mattina si alza alle 6 e stacca alle 10 di sera per produrre una torta da ben sei miliardi. Il fatturato del settore orafo, per chi non lo avesse ancora capito, il cuore pulsante dell’economia aretina che non vuole essere scambiato per il cuore di tenebra di un’associazione a delinquere.
Il casus belli è un’inchiestona che il Sole 24 Ore ha pubblicato con grande evidenza nei giorni scorsi (anche con richiamo in prima pagina) nelle edizioni cartacea e on line, nella quale sostanzialmente si traccia un ritratto al fulmicotone delle tre capitali dell’oro nazionale e in particolare di Arezzo. All’origine di tutto c’è la leggenda del treno carico di lingotti, appartenente alla monarchia jugoslava, che sarebbe stato trafugato con la complicità di Gelli e che addirittura (voce che il Sole attribuisce ai pettegolezzi cittadini, ma che in realtà qui non ha mai sentito nessuno) sarebbe ricomparso alla stazione.
Poi di seguito alcune delle grandi inchieste da cui è stato lambito il mondo dei preziosi: Fort Knox, il traffico verso la Svizzera, Argento Vivo, l’altra operazione smascherata dalla Finanza, uno dei cui perni sarebbe stata Oro Italia Trading, controllata di Banca Etruria, l’ultimo giro clandestino verso Marsiglia e l’Algeria e via dicendo.
A eccezione del treno di Gelli (che in realtà qui arrivò negli anni ’60 da Pistoia e Frosinone), è tutto rigorosamente vero (La Nazione ci ha scritto sopra pagine e pagine), ma è il ritratto complessivo che ne scaturisce a sembrare caricaturale agli orafi. «Siamo una realtà da 1250 aziende e 12 mila dipendenti - spiega Andrea Boldi - presidente di Arezzo Fiere e degli orafi di Confartigianato - come si fa a scambiarci per un pugno di mele marce? Noi non neghiamo affatto che le cose siano successe. Vogliamo anzi che la Finanza indaghi ancora. Chi è stato individuato paghi, quelli che non sono stati trovati devono essere cercati. Ma l’ambiente complessivo è sano».
Stupisce, dicono i protagonisti, che una confusione del genere la faccia il giornale di proprietà di Confindustria. Tanto da far nascere un sospetto probabilmente ben oltre la realtà: che qualcuno voglia favorire le grandi aziende a danno delle piccole e medie che sono il nerbo del distretto orafo aretino, il primo d’Italia. E’ questo che in principio scalda gli animi, tanto che martedì, dopo la seconda puntata , viene convocata a tamburo battente una riunione della Consulta degli orafi, l’organo che raggruppa tutte le organizzazioni di categoria.
Il clima iniziale è di reciproca diffidenza, al punto che per qualche ora sembra a rischio la Santa Alleanza dei «produttori» (le categorie manifatturiere) su cui si reggono la Camera di Commercio, Arezzo Fiere e i grandi equilibri economici locali. Ma poi Confindustria Arezzo non esita a prendere le distanze dal giornale di «famiglia», con una nota firmata dal presidente Andrea Fabianelli e dal numero uno del settore orafo, Giordana Giordini.
Toni netti: «Sono sconcertato - dice Fabianelli - per l’immagine dell’oreficeria che esce artificiosamente. Un giornalismo non in linea con l’immagine di serietà, autorevolezza e professionalità del nostro giornale». La riunione della Consulta che si svolgerà in serata si concluderà sugli stessi toni. Gli orafi difendono la loro immagine ma non vogliono sembrare trinariciuti: quelli di Fort Knox esistono davvero e sono portatori, spiega Boldi, di infezioni, anche criminali. Ma non sono loro l’oro aretino, che nessuno dica il contrario.
IL SINDACO “Quanto riportato dall'inchiesta sul mercato dell'oro pubblicata nei giorni scorsi da Il Sole 24 Ore è ingeneroso nei confronti di un comparto produttivo che ha fatto la ricchezza di questa Città”. Così il Sindaco Alessandro Ghinelli ha commentato le uscite del quotidiano economico sul distretto orafo aretino. “Sono stati sottolineati solo gli aspetti negativi, senza alcuna considerazione per le caratteristiche principali di questo settore, che sono l'alta produttività e la grande inventiva. Inventiva – ha concluso Ghinelli, - che non ha nulla a che vedere con la frode e l'illecito”.