Nofri, pioniere dei derubati "L’incubo non si cancella"

Nel 1974 l’imprenditore subì una rapina e dodici anni fa l’assalto in azienda "Conosco Valerio Cianchi e gli dico: coraggio, sarà dura ma bisogna rialzarsi"

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di Lucia Bigozzi

La pistola sul petto, il gelo del metallo addosso, presagio di morte. Davanti uomini senza scrupoli con la calzamaglia calata in testa e il volto annacquato nella velatura della lycra: nasi schiacciati, occhi allungati come lame d’acciaio. E le urle che, da allora, non se ne vanno più: "Giù dalla macchina subito, altrimenti vi uccidiamo qui".

4 ottobre 1974: la Mercedes sulla quale Pilade Nofri viaggia insieme a due orafi aretini viene speronata da un’altra vettura sulla tangenziale di Milano. Un agguato, negli anni bui del terrorismo e dei sequestri.

"E’ stata un’esperienza allucinantee. Ero terrorizzato, non riuscivo a muovermi". La pistola puntata e la paura di non uscire vivo da quell’inferno: "Ho temuto di morire. Un blitz durato pochi minuti, il tempo di uscire dall’auto e i banditi sono fuggiti a tutta velocità con quello che conteneva: i nostri campionari. Io, all’epoca, avevo merce per settanta chili di argento, ero agli esordi di questo mestiere". Oggi Pilade Nofri è un imprenditore affermato e nella sua azienda orafa lavora con i figli, "due ragazzi straordinari, sono loro, adesso, a guidare", dice con l’orgoglio di padre. Eppure quella scena è sempre lì: "Continuo a vedere ogni dettaglio, sento i rumori, ricordo il volto di un volontario della Croce Verde che ci accompagnò al primo posto pià vicino dove poter telefonare, allora non esistevano i cellulari, e dare l’allarme".

Un’esperienza così non si cancella e ti cambia: "Sei più guardingo, sospettoso, vedi le cose in un altro modo". Non c’è solo il gelo di una pistola nella storia di uno degli storici orafi aretini, come Valerio Cianchi "con cui condividevo la passione per la caccia; siamo stati insieme in Spagna", racconta. Nofri sa cosa vuol dirre "sentire un’arma addosso, il terrore di morire in un istante, e nel caso di Cianchi, la paura per i familiari tenuti sotto tiro e uno di loro, addirittura sequestrato per un pò".

Al compagno di caccia e all’imprenditore, "serio, molto stimato in città, uno dei grandi esperti di diamanti", raccomanda "di non farsi sopraffare dalla paura. Ci vorrà tempo per superare questo momento che resterà appeso come un incubo tra i pensieri e il sonno che di notte non viene, anche quando vorresti chiudere gli occhi per la stanchezza". No, non si deve mollare "bisogna farsi forza e reagire, andare avanti. La vita deve continuare anche se sarà impossibile dimenticare. Desidero manifestare a Cianchi e ai familiari tutta la mia vicinanza".

Negli anni di Pilade Nofri imprenditore, non c’è solo la rapina sulla tangenziale di Milano. C’è un altro "strappo" che lascia il segno e all’epoca fece scalpore in città perchè si trattò di uno dei primi colpi grossi nel mondo dell’oro.

3 giugno 2010: i banditi entrarono nella palazzina dell’azienda dove "c’era anche una ditta di spedizioni, che il giorno prima del colpo ebbe un balckout totale", rievoca Nofri. Il commando disattiva tutti i sistemi di sorveglianza, sfonda una parete dell’azienda con un muletto, entra con due furgoni vuoti che riempie con le cassaforti. Un colpo da cinquecentomila euro. "Una delle cassaforti fu ritrovata nel Milanese ancora piena, mentre l’altra fu abbandonata sempre intorno al capoluogo lombardo dopo essere stata svuotata. Fu una botta durissima per me e la mia famiglia. Quando mi precipitai in azienda, non mi pareva vero: una devastazione, anni di lavoro andati in fumo. Ma mi sono rialzato e oggi sono ancora qua. E’ il mio messaggio a Valerio Cianchi".