
di Alberto Pierini
C’è quasi una linea diretta tra Lampedusa ed Arezzo. Non solo con noi, è chiaro. Le "carrette" del mare continuano a traghettare vite e speranze di tanti migranti e la macchina dell’accoglienza è impegnata dappertutto allo stremo. Perché gli ultimi mesi hanno fatto da "moltiplica" agli sbarchi. Le partenze sono generalmente dalla Tunisia ma ormai le provenienze, in un’Africa piegata dai conflitti locali e dalle emergenze, sono le più diverse. E tra gli arrivi ce ne sono anche diversi dal Sudan.
In due giorni sono state accompagnate ad Arezzo 17 persone: tutti uomini, 9 sbarcati in nave a Livorno, e otto atterrati all’aeroporto di Pisa. Da lì il trasferimento verso Arezzo, così come in tutte le altre città della Toscana, è stato quasi immediato.
Una prova, una vera prova del fuoco per la Prefettura, che ha il compito di gestire l’accoglienza a chi arriva, in tutte le fasi. "Non è un impegno facile – spiega tranquillamente Maddalena De Luca e con l’ottimismo di sempre – ma ce la stiamo facendo".
Cosa non affatto scontata. I motivi stanno alla fine nei numeri. La rete dei centri di accoglienza straordinaria arriva nel suo complesso ad una potenzialità di 350 persone. Con gli arrivi di ieri siamo a 486 stranieri ospiti in provincia. Non tutti migranti, beninteso. Nel numero figurano anche 82 ucraini, spinti qui dalla guerra un anno fa e che ancora non riescono a rivedere la via di casa, falcidiata dai bombardamenti.
Il totale dei migranti legati agli sbarchi è di 404 persone. Ma è chiaro che nell’organizzazione dell’emergenza i due poli alla fine si incrociano, nella necessità di dare a tutti la risposta migliore.
I centri di accoglienza si chiamano straordinari, erano nati al fine di sopperire alla mancanza di posti nelle strutture ordinarie o nei servizi predisposti dagli enti locali. Ma sul filo di tante altre vicende italiane lo straordinario diventa la regola e ormai sono la modalità classica di accoglienza.
Di giorno in giorno si riparte non da zero ma, direbbe Troisi, da tre: tutto per trovare nuove soluzioni. Alla base partendo dalla disponibilità dei gestori a reperire ulteriori strutture: tutti sono passati da una gara dove offrivano un certo numero di posti. Poi c’è la valutazione quotidiana degli spazi che si liberano: chi trova lavoro, ad esempio, o in negativo quelli ai quali non venga riconosciuto lo status di rifugiati. Un’operazione complessa e che spazia sull’intero territorio.
Basti pensare che i Cas disponibili sono 54 su un totale di 36 comuni. Sono 43 quelli destinati agli arrivi generalmente, anche se non è così tassativo, dall’Africa. E undici quelli per gli ucraini. La linea adottata non cambia di fronte ai numeri. "E’ l’accoglienza diffusa per favorire una maggiore integrazione a livello territoriale" conferma il Prefetto De Luca. Piccoli gruppi.
Al loro arrivo anche l’iter è garantito: visita sanitaria, mediatori culturali che li aiutino ad esprimere le loro esigenze, la fornitura di abiti caldi e di generi di prima necessità, e poi nei Cas il vitto e alloggio.La pressione è alta, tanto da alimentare in queste ore le polemiche di quei sindaci che chiedono la costituzione anche in Toscana di un centro per rimpatri. Ma qui sono polemiche che per ora arrivano attutite: mentre si allarga la rete dell’accoglienza.