FEDERICO D’ASCOLI
Cronaca

Marini in dialogo con l’uomo. La potenza simbolica dell’arte

Apre domani ad Arezzo la mostra che svela nuove prospettive sull’opera di uno dei giganti del ’900 italiano

“Le Vergini“, 1916: una delle opere esposte nella mostra

“Le Vergini“, 1916: una delle opere esposte nella mostra

Ad Arezzo l’aria si fa densa di bellezza, intrisa di una potenza scultorea che affonda le radici nel tempo e nell’anima. Domani si inaugura infatti la mostra "Marino Marini. In dialogo con l’uomo", un’antologica che vuole svelare nuove prospettive sull’opera di uno dei giganti del Novecento italiano.

Curata da Alberto Fiz e Moira Chiavarini, con il coordinamento scientifico di Alessandro Sarteanesi, l’esposizione è un viaggio emozionante nell’universo di Marini (1901-1980), artista pistoiese capace di cogliere l’essenza dell’inquietudine e della sofferenza umana, trasformandola in sculture e pitture di straordinaria potenza.

La mostra, organizzata dal Comune e dalla Fondazione Guido d’Arezzo si avvale della media partnership de La Nazione, a sottolineare la particolare importanza dell’evento.

L’evento su Marini si articola in due percorsi. Il primo, alla Galleria comunale d’arte moderna e contemporanea, offre una straordinaria serie di dipinti, affiancati da gessi e bronzi, che permettono di cogliere l’evoluzione stilistica e tematica dell’artista. Qui, la relazione con l’antico emerge con forza, come dimostrano le opere “Le vergini” e la “Zuffa di Cavalieri”, quest’ultima concessa dagli Uffizi, che evocano lo stile di Piero della Francesca.

Un aspetto suggestivo è la presenza, per la prima volta, di sculture ellenistiche in terracotta rinvenute negli scavi della Catona ad Arezzo, esposte accanto ad alcune sculture arcaiche di Marini, a testimonianza di un dialogo profondo e ininterrotto con la storia dell’arte.

Il secondo percorso si snoda negli ambienti della Fortezza Medicea, dove le grandi sculture e le opere monumentali di Marini trovano una scenografia imponente, capace di esaltarne la forza espressiva. Qui lo spettatore è invitato ad ammirare le “Pomone”, simbolo di fecondità e armonia, le “Danzatrici”, i “Giocolieri” e, naturalmente, i celebri “Cavalieri”. Spicca il grande “Cavaliere” del 1949-50, opera ieratica di intensa potenza, che incarna la continua indagine dell’artista sul rapporto tra l’uomo e il suo destino. Toccante è anche il “Miracolo” del 1952, un’opera in cui “l’idea parte fino a distruggersi” e “la scultura vuole andare in cielo”, come lo stesso Marini descriveva, rivelando la sua incessante ricerca di trascendenza. Arezzo, con questo evento, si conferma crocevia di arte e cultura, offrendo al pubblico una finestra privilegiata sul genio di un maestro che ha saputo lasciare un’impronta indelebile nella storia dell’arte italiana.