
di Salvatore Mannino
Uno resterà sempre nell’immaginario collettivo degli italiani, almeno quelli di una certà età, per l’urlo liberatorio dopo il gol del 2-0 alla Germania, nella finale mundial dell’82, quello più bello, quello della sicurezza, quello del presidente Pertini che si alza in tribuna d’onore al Bernabeu a dire "non ci prendono più". L’altro è invece legato a una risposta fulminante di Platini all’Avvocato per eccellenza, Gianni Agnelli, che lo aveva sorpreso con la sigaretta in bocca fumare nello spogliatoio: "Avvocato, l’importante è che non fumi Bonini, è lui che deve correre". Ecco Massimo Bonini, ma ancor più di lui il campione del mondo Marco Tardelli, due dei premiati di stasera al Fair Play. Il primo ha segnato un’epoca del calcio, il secondo è stato comunque un buon giocatore, soprattutto un polmone, un mediano alla Oriali, per dirla con Ligabue: "Una vita da mediano, nato senza i piedi buoni, lavorare sui polmoni".
Che dire di più di uno dei più grandi calciatori italiani di tutti i tempi come Tardelli? Forse, per raccontare qualcosa di inedito, che i tifosi amaranto furono tra i primi a intuirne le potenzialità quando lo videro disputare un partitone al Comunale con il Como, la sua prima squadra importante. Quello andrà lontano, profetizzò qualcuno e non era previsione difficile. Lucchese di nascita, cameriere da ragazzo per aiutare una famiglia senza troppi mezzi, nel 1975 approda alla Juve, giovane di buone speranze che manterrà tutte. L’allenatore Parola lo fa esordine da terzino, ma sarà Trapattoni a intuirne la dimensione di giocatore totale spostandolo a centrocampo nella famosa Juventus tutta italiana dei 51 punti (1976-77). Quello resterà il suo vero ruolo per tutta la carriera, quello lo porterà in maglia azzurra in due campionati del mondo, prima l’Argentina del ’78 e poi la Spagna dell’82. Lo chiamavano Schizzo per come sapeva correre da una parte all’altra del campo, uno che sapeva cantare (ossia segnare) e portare la croce (ovvero correre con qualità.
In maglia bianconera vincerà cinque scudetti, una Coppa Uefa, una Coppa delle Coppe e una Coppa dei Campioni, per quanto fosse quella insanguinata dell’Heysel, la sua ultima partita con la Signora. Una colonna della mitica squadra del Trap, quella di Cabrini, Pablito Rossi, Platini e Boniek, il bello di notte. Ma la sua fama imperitura la dovrà proprio a quella corsa a perdifiato verso la panchina del "Vecio" Bearzot col grido gol strozzato in gola da una sorta di stato di estasi: un marchio sulle prime notti magiche dell’Italia mundial.
La carriera di Bonini, che di Tardelli è stato compagno di squadra in quella Juve mitica, è un po’ più modesta, anche perchè lui, sanmarinese doc non volle mai rinunciare alla cittadinanza del Titano per giocare in azzurro. In bianconero, però, seppe sostituire degnamente un altro pezzo di storia della Signora come Beppe Furino. Giusto in tempo per fare lo scudiero di Le Roi Michel, cui copriva le spalle con le sue sgroppate, legato al francese esattamente come Lodetti era legato a Rivera. A San Marino lo ricordano ancora come uno dei due cittadini che hanno portato in patria un titolo mondiale, la Coppa Intercontinentale in bianconero del 1985, quella in cui il suo Platini si sdraiò sul campo di Tokyo come una Maja Desnuda. E i quasi 40 anni trascorsi non hanno fatto dimenticare nà lui, nè Michel e neppure Tardelli, ora commentatore radiotelevisivo, ma sempre un protagonista.