PRATOVECCHIO (Arezzo)
“Ennio Morricone, il genio, l’uomo, il padre“ è il titolo dell’evento – tratto dall’omonimo libro – in programma questa sera alle 21 a Pratovecchio (Arezzo) per la rassegna Aspettando Naturalmente Pianoforte. Protagonista dell’omaggio al grande compositore scomparso nel 2020 sarà Marco Morricone, primogenito del maestro, che dialogherà con Enzo Gentile, tra parole, immagini e musica. A impreziosire la serata, video e testimonianze, oltre alle esecuzioni del maestro Giorgio Morozzi.
Lei racconta Morricone come padre e artista. È stato difficile conciliare le due parti?
"Con Valerio Cappelli avevamo fatto un’intervista per il Corriere, poi lui ha proposto il libro. Inizialmente ero contrario, mi hanno convinto mia moglie e le mie figlie. È stato un percorso intenso e terapeutico, come un’analisi. Il libro contiene anche un QR code con un inedito struggente scritto da papà per una commedia di Valerio andata in scena solo due giorni per via del Covid".
C’è qualcosa rimasta irrisolta?
"Sento di aver risolto il dolore della perdita. Non è stato facile affrontare la pressione mediatica, ma raccontare l’uomo e non il personaggio è stata la chiave. Da figlio sono diventato genitore del mio genitore: l’amore è circolare".
Cosa le manca di più di lui?
"I suoi silenzi. Quando taceva, andava tutto bene. Il silenzio era affetto, stima".
Cosa ha lasciato, secondo lei, in eredità agli artisti?
"La rivoluzione. Papà ha applicato determinati aspetti dei suoi studi classici alla musica apparentemente più commerciale, rendendola indipendente dalle immagini. Prima era solo accompagnamento, lui l’ha resa protagonista".
Il legame con i registi era fondamentale: chi ha amato di più?
"Con Sergio Leone si conoscevano da bambini. Poi Elio Petri, Brian De Palma, Quincy Jones, che ci scrisse una lettera bellissima alla sua morte. E Terrence Malik, con cui papà intratteneva una fitta corrispondenza, pur non parlando inglese".
A quale opera è più legato?
"A C’era una volta in America. È un matrimonio perfetto tra musica e immagini, dove ci sono valori positivi forti".
Pensa che il valore umano e artistico di suo padre sia stato pienamente riconosciuto?
"Non lo so ma vederlo suonare davanti a ragazzi e ottantenni mi ha sempre colpito. Era trasversale, parlava a tutti. Sarò eternamente grato alla sindaca di Roma quando papà mancò, Virginia Raggi, che mi telefonò il giorno della tumulazione e mi disse Voglio dedicare l’auditorium a tuo padre. E per me valeva molto più l’uomo che il professionista".
Che rapporto aveva con le sue figlie?
"Bellissimo. Le abbiamo cresciute insegnando che i nonni sono tutti uguali. Hanno girato il mondo con lui, senza farsi abbagliare dalla fama. Lo hanno amato per ciò che era: il loro nonno".