
C’è qualcosa di controtempo, quasi ostinato, nella scrittura di Spectrum Vates. Fin dal primo singolo "Prosopagnosia", passando per l’album d’esordio...
C’è qualcosa di controtempo, quasi ostinato, nella scrittura di Spectrum Vates. Fin dal primo singolo "Prosopagnosia", passando per l’album d’esordio "EsseVu" e la dichiarazione d’identità "Non sono Lucio Battisti", il rapper aretino ha costruito un percorso fuori dai meccanismi dell’hype, scegliendo parole e sonorità che non si consumano in 15 secondi ma restano oltre e fuori dal tempo.
Con il nuovo singolo "Pupille d’alabastro" (PaKo Music Records/Believe), quella direzione si fa ancora più chiara: un brano che racconta l’amore come scelta quotidiana. In un panorama in cui il rap è sempre più spesso packaging – hit pensate per l’algoritmo, strofe adattate ai trend – Spectrum Vates fa una scelta di campo netta: scrivere come se ogni verso fosse destinato a durare. Non inseguire il momento, ma costruire senso.
E in un’epoca in cui l’identità è sempre più un contenuto da distribuire, non un linguaggio da curare, Spectrum Vates sembra voler riportare il rap alla sua radice: una forma di espressione prima che una performance. Mentre il mercato musicale si piega sempre più spesso alle logiche dei reel, della viralità istantanea e delle strofe da una manciata di secondi, Spectrum Vates continua a scrivere pensando a chi resta. Non a chi scorre.
Classe 1999, aretino, pochi filtri e nessuna scorciatoia, Spectrum Vates – all’anagrafe Giacomo Cassarà – ha scelto di stare dalla parte delle parole. Non come ornamento, ma come necessità. "Pupille d’alabastro" è l’ennesima prova di un percorso che punta alla sostanza e scarta l’effetto speciale.
Dopo anni trascorsi nello sport agonistico, sceglie di fermarsi. E di scrivere. Prima la raccolta di poesie Spectrum Interior, nel 2022. Poi le prime pubblicazioni rap, indipendenti, essenziali, senza filtro. È lì che prende forma la sua voce: un "conscious emotional rap" come ama definirlo, che non insegue formule, ma cerca una vera e propria connessione, un punto di incontro con chi ascolta.
Scrive come se stesse cercando qualcosa. O forse come se volesse proteggere ciò che ha trovato. Il resto lo racconta con un tatuaggio, inciso sul braccio e sulla pelle delle sue canzoni: Caduto in un quadro di sogni sospinto. Coraggio è il colore con cui l’ho dipinto. E dentro "Pupille d’alabastro" tutto questo ritorna: l’attenzione alla parola, la fedeltà a se stessi, lo sguardo che sa fermarsi prima di parlare. "Noi siamo due cuori rotti al centro e poi aggiustati, giochiamo a far la guerra senza armi e carri armati": in una scena affollata da cliché, questa è una linea che ha il coraggio di restare sospesa.