
di Alberto Pierini
La strage continua. Incessante, implacabile: una sorta di sveglia fatale, che ogni giorno suona. La sveglia del dolore e insieme quella che richiama alla realtà chi credesse di essere ormai fuori dal tunnel. No, siamo dentro e ci siamo in pieno. Anche se c’è una frenata dei contagi, confermata a fianco dai dati settimanali, in sè gli unici che contino davvero.
E la variabile più fragorosa è proprio quella delle vittime. La cui curva schizza in alto da febbraio come mai è successo dall’inizio della pandemia. Quattro morti giovedì e altri quattro ieri. Tre addirittura si sono spenti in poche ore, a pochi letti di distanza l’uno dall’altro: in una successione di eventi che vista da fuori fa male ma che siamo certi sia devastante per chi la segue in diretta. Medici, infermieri, operatori sociosanitari, testimoni di una situazione al collasso.
Un uomo di 73 anni, un vecchio signore di 81 e una nonna di 83: ai quali va aggiunto un altro anziano di 84, che invece si era spento nella serata di giovedì. Tutti ricoverati al San Donato, non sappiamo se nel reparto Covid o in terapia intensiva. Tre su quattro sono del Valdarno: per l l’esattezza di Bucine (che sta ricominciando a pagare un prezzo salato alla pandemia), di Montevarchi e di San Giovanni. L’ultima di Pratovecchio Stia. come e anche la linea tra la vita e la morte si adeguasse agli attuali "focolai", che sembrano dividersi tra il Valdarno e il Casentino, risvegliatosi dopo una fase di tranquillità.
I numeri restano da brivido. Nel mese di aprile siano a 23 vittime nell’arco di nove giorni: una media di 2,5 al giorno, che specie nelle ultime 72 ore tende sempre più verso i tre. Tra marzo e aprile sono scomparse 62 persone solo di Covid, facendo saltare le ultime obiezioni di chi continua a considerarla una semplice influenza. E con qualche eccezione, intorno a 60 anni più frequente, che in tutte le altre fasi della pandemia, tutte sopra i 70 anni e la maggioranza sopra gli ottanta. Elementi davanti ai quali le incertezze iniziali della vaccinazione creano un rimpianto infinito, su quanti potevano essere salvati e non lo sono stati.
Eppure siamo in fase di riduzione dei contagi. Ieri risaliti a 104 ma siamo sempre in quella forbice che possiamo definire da zona arancione. Intorno a quella forbice siamo da sette giorni filati: l’ultimo picco (133 casi) risale infatti a venerdì 2 aprile.
Sull’altro piatto della bilancia motivi di preoccupazione on mancano. Il rimo è quello dell’ospedale. I ricoveri sono stabili ma intorno alla saturazione: 107 n bolla Covid, 23 in terapia intensiva. 130 in tutto Ma occhio perché è una cifra che racconta una piccola parte dell’odissea. Solo in provincia i ricoverati Covid sono, come ricordava l’altra sera il direttore della Asl Antonio D’Urso a Teletruria, 233. Ai 130 del San Donato vanno aggiunti infatti tutti quelli di cure intermedie: e sono 64 alla Fratta, 29 ad Agazzi e 10 a Foiano. E dovremmo ricordare anche gli almeno 15 mandati a Grosseto più un paio a Siena: 250 aretini in ospedale, o meglio negli ospedali, tutti per il Covid.
Solo ieri la mappa del contagio si è allargata di nuovo: ben 22 i comuni con almeno un nuovo positivo. Anche se a fare la parte del leone restano il Valdarno (che da solo ne aveva 45) e il Casentino, che al risveglio di Bibbiena unisce la "ferita" di piccoli centri come Chiusi e Castel Focognano. Lì dove la frenata diventa quasi impercettibile.