
La protesta del Liceo Musicale
Arezzo, 28 febbraio 2016 - Quando erano precari legavano la felicità all’entrata in ruolo. Ora che sono di ruolo rischiano di perdere tutto. E con loro una scuola, il Liceo Musicale, per anni unica a livello nazionale: costruita con fantasia quando nessuno la immaginava e che in tante stagioni non ha mai perso un colpo. E da settembre «decapitata». Chiusa? No, semplicemente la gran parte dei suoi professori storici non ci sarà.
Come se in un ristorante sparissero in un giorno tutti gli chef, come se al Vaticano fuggissero il Papa con tutti i cardinali. Motivo? Semplice. Le cattedre del Musicale vanno a concorso, almeno quelle teoriche. E a loro il concorso è stato interdetto. Sono entrati di ruolo in una delle curve della riforma Renzi: e stanno facendo l’anno di prova. Lo hanno fatto qui, in attesa di qualche buona notizia. Ma non ce ne saranno.
C’è chi insegna qui da 30 anni e da settembre sarà sulla montagna reatina, come Simone Ferrini il mago degli ottoni. E c’è chi sarà semplicemente a disposizione di qualche altra scuola, magari per aprire la biblioteca. Oppure potrebbe essere papabile ma non arriverà lo stesso: perché se hai alle spalle 35 anni di precariato, ad esempio è il caso ormai celebre di un pianista noto come Alessandro Tricomi, ma sei nell’anno di prova, vieni scavalcato da tutti.
Te come anche altri docenti storici: Rita Cucè, Michele Lanari, Giuseppe Rossi, Roberto Paris, Roberto Buoni, Roberto Tofi e tanti altri, di assoluta qualità anche se arrivati più di recente. L’elenco sarebbe infinito. Un quadro davanti a cui scoppia la protesta.
Ieri una prima sventagliata di cartelli in piazza Grande. Domani i flash mob. «Realizzeremo un video – spiega Cecilia Luzzi che prova a ricucire le varie anime dell’istituto – che giri in rete, diventi virale, racconti il paradosso nel quale siamo scivolati». Ma visto che questa è una scuola di alta musica, il grosso lo faranno in musica. Ci saranno dei concerti all’aperto, a cominciare da piazza Grande, sotto le finestre che avevano conquistato con le unghie e con i denti e che si stanno per chiudere alle loro spalle, proprio come il portone del liceo.
Qualche protesta sarà anche classica: manifestazioni di piazza, arrivando fino davanti al ministero. Con quali speranze? «Ancora devono essere definiti i criteri della mobilità: se una mano sapiente intervenisse in questa fase considerando quello che abbiamo fatto per anni, tutto potrebbe essere risolto». Quegli anni invisibili, in cui il prof ti insegnava piano o trombone o teoria e tecnica: tu imparavi ma lui a giugno già non c’era più, licenziato per essere riassunto a settembre. Tutto cancellato con un colpo di penna, come se niente fosse successo. Una sorta di requiem, senza orchestra, appena sussurrato tra le labbra: ma che da piazza Grande si alza, fragoroso come dal più grande dei teatri.