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«La mia vita diventata un incubo». Ex giocatore: «Così ne sono uscito»

E ora è presidente di un’associazione che combatte la ludopatia

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Arezzo, 8 settembre 2016 - "Dopo le ore passate al lavoro e gli impegni quotidiani, giocare alle slot era diventato un premio. Ma ben presto si è trasformato in una trappola fatta di menzogne e di denaro buttato al vento».

Gianni Bacci ci racconta la sua storia, più di 15 anni passati davanti ad una slot machine, poi la forza di buttarsi tutto alle spalle, terapie e giorni duri. La voglia di ricominciare fino alla rapida ascesa a presidente di «Mi rimetto in gioco», l’associazione di ex giocatori d’azzardo e loro familiari. «All’inizio giocare mi faceva stare bene e i soldi non erano un problema perché ho sempre lavorato. Non giocavo grandi cifre, nei primi tempi era un semplice svago. Poi quello che per tutti i giocatori rappresenta il punto di non ritorno: una vincita importante. Quella che ti fa credere invincibile, capace di moltiplicare quella cifra e che ogni giorno ti trascina davanti alla macchinetta luminosa. Iniziava la mia dipendenza».

«NONOSTANTE questo le perdite non mi hanno mai spinto sul lastrico. Il mio saldo oscillava tra meno e più mille euro. Andava in fumo il 75% del mio stipendio. Per fare un rapido calcolo nelle macchinette avrò lasciato sui venti mila euro. Il mio problema non erano i soldi, ma si chiamavano menzogne. Ero diventato un bugiardo cronico. Riuscivo a convincere tutti nello spiegare il motivo di un mio ritardo sul lavoro o a casa. Ero entrato in un vortice infinito» - continua a raccontarci Gianni. «La mattina andavo a lavorare, e nei giorni in cui facevo il rientro nel pomeriggio, all’uscita la mia auto mi portava in un bar . Trascorrevo uno, due ore a giocare. Il mondo intorno, i problemi, i giudizi non esistevano più. «Era quasi un premio dopo il lavoro. Nemmeno la nascita di mia figlia, che oggi ha 8 anni, mi distolse da quelle macchinette infernali. Anzi. L’impegno che mettevo nell’accudirla, insieme al grande amore, giustificava ancora di più le mie ore di svago alle slot. Le menzogne mi torturavano. Ho iniziato a fare un percorso da un terapeuta che ha smosso qualcosa in me, ma non fino i fondo. La svolta decisa è stata l’incontro con una persona che m’ha spinto con insistenza ad entrare al Sert».

ERA IL 2012. Da allora Gianni non ha più toccato una macchinetta. «Il 28 luglio scorso ho festeggiato i quattro anni da non giocatore. Un percorso duro, lungo, di grande introspezione. Chi entra in questo inferno lo fa perché sopraffatto da debolezze. Nel mio caso è stata una eccessiva educazione al rispetto per il denaro, al risparmio. Ma a gravare su di me c’è stato anche il carico di responsabilità che sentivo provenire dalle persone vicine. Tutte le aspettative non raggiunte nel campo lavorativo e sportivo le consideravo delle sconfitte e delle delusioni che arrecavo alle persone care». La sbandata, il precipizio, poi la rinascita. «La mia storia è un po’ come quella del ramo disperato perché aveva perso le foglie a cui lo gnomo prestò i suoi occhiali «magici», per guadare meglio dentro di sè. Il ramo si sentì subito più forte, scoprendo la linfa in sé. Non doveva più chiedere consigli, gli bastava lasciar vivere la linfa che circolava in lui. E così anche io ho trovato i miei occhiali, la forza, la volontà in me e ho cominciato a guardare il mondo, la mia vita in modo diverso».

Gaia Papi