
Andrea Milluzzi
Arezzo, 23 marzo 2016 - «Senti?»: il tu anche se a distanza è quello che unisce i giornalisti di tutto il mondo. L’invito è rivolto ad ascoltare in diretta la paura dell’Europa. Che è lì, nella Briuxelles presa a schiaffi e bombe, intorno a lui. Lui è Andrea Milluzzi, 34 anni, cortonese doc e una vita vissuta pericolosamente. «Oddio, stavolta ero qui per un forum sull’agricoltura». La sveglia è stata la bomba all’aeroporto. Sentita non in diretta ma saputa via computer. «Sono saltato su uno degli ultimi taxi che partivano per raggiungere lo scalo».
Ma il viaggio è finito presto, certo prima del traguardo. «Mi hanno lasciato un paio di chilometri prima: a me come a tanti altri giornalisti. Il resto l’ho fatto a piedi». A piedi, con il cuore in gola non per la paura, malattia della quale non soffre, ma per l’ansia di scoprire cosa fosse successo davvero. «Non ci hanno fatto entrare, si alzava un gran fumo. Ho aspettato uscissero quelli rimasti dentro».
Lì la paura l’ha vista davvero, di chi si è visto crollare addosso forse non l’Europa ma il tetto dell’aeroporto sì. «Fuori c’era una mobilitazione del soccorso: polizia, ambulanze, vigili del fuoco. E steward e hostess che si prestavano a mantenere l’ordine». Una cosa che lo colpisce. «Malgrado tutto un clima non concitato, e non è poco». Quindi la corsa indietro, per andare nella zona delle istituzioni, alla metropolitana di Maelbeek. «In mezzo il deserto, almeno nelle prime ore. Pochissime macchine, nessun mezzo pubblico, i taxi avevano in gran parte interrotto il servizio. E una serie di posti di blocco».
Lì, faccia a faccia con l’Europa colpita al cuore ma forse non affondata. «Il centro è completamente diverso: certo, avverti che qualcosa è successo, forse soprattutto dagli occhi della gente. Però i locali sono aperti, la vita almeno in apparenza corre lo stesso». Mentre parla senti soffiare il vento nella cornetta, a tratti gli copre la voce. «Guarda - dice in automatico come se fossimo lì con lui - ci sono le bandiere a mezz’asta nei palazzi della commissione europea: e c’è un cordone di polizia».
Di partire per ora non ne ha intenzione. «E’ il mio mestiere, bisogna rimanga qui». La sua famiglia a Cortona l’ha avvertita che sta bene. La fidanzata Linda forse lo stesso. Anche se è fotoreporter, è in Iran e fa più o meno il suo stesso mestiere: e sa per principio che in questi casi la verità a chi ti vuole bene si racconta ma sempre un po’ a metà.
di Alberto Pierini