LUCIA BIGOZZI
Cronaca

"Io, in guerra col Covid delle vigne". Salva il raccolto in ventidue mosse

Le sue piante aggredite dalla peronospora: in poche ore organizza la controffensiva e limita i danni. L’odissea di un imprenditore: "Per difendermi ho speso settantamila euro". Il settore è in ginocchio

L’imprenditore Stefano Ziantoni

L’imprenditore Stefano Ziantoni

Arezzo, 24 agosto 2023 – Il vigneto come un campo di battaglia, per salvare il raccolto. Tutto in un giorno, nella corsa contro il tempo per sconfiggere il nemico più temuto. È la peronospora il "flagello" tra i filari: un incubo per i vignaioli, molti dei quali si sono visti decimare la produzione. Secondo le stime delle associazioni di categoria, il calo è pesante e viaggia a meno 60 per cento. Meno uva, ma l’annata è salva e il vino di qualità. Tuttavia, il prezzo da pagare è altissimo e i costi per le aziende lievitano quasi senza misura. La battaglia contro "il virus delle vigne" che si propaga di pianta in pianta alla velocità della luce, Stefano Ziantoni l’ha combattuta insieme alla moglie Eleonora e al fratello Marco con il quale conduce l’azienda di famiglia, a San Luciano: sessanta ettari di vigne nell’eclave di colline tra Monte San Savino e Montagnano. Seconda generazione dei maestri vignaioli che da Marino, sui colli romani, nel 1972 si trasferirono in Valdichiana e impiantarono la produzione di vini, antesignani dei bianchi nella vallata dominata dal monopolio del Trebbiano: Vermentino, anzitutto, la grande passione di famiglia. "Un disastro": la sintesi da dove comincia la sua battaglia contro la peronospora che lo ha costretto a ventidue trattamenti con zolfo e rame. "È stato durissimo: da aprile, per ventidue volte, abbiamo eseguito trattamenti con prodotti naturali a contatto, essendo un’azienda in conversione biologica. Un anno fa ne abbiamo fatti sette", spiega Stefano per far capire la portata dell’emergenza che ha colpito tutte le aziende, a varia intensità.

Lui ha scelto di combattere il "virus" delle vigne fino in fondo, mentre "altri agricoltori si sono fermati molto prima, al decimo trattamento per via dei costi molto elevati, accettando l’azzeramento del raccolto". Per rendere il trattamento efficace si deve "dare in una sola volta in tutto il vigneto. È una questione di ore, la peronospora si propaga velocemente. Abbiamo dovuto acquistare un atomizzatore per una diffusione mirata tra i filari, contattare trattoristi, organizzare il lavoro con gli operai. Alla fine, siamo riusciti a frenare l’avanzata della peronospora" che nel suo caso si è mangiata solo un 10-15 per cento della produzione.

Ma a conti fatti le cifre sono da capogiro. "Ogni trattamento ha un costo complessivo di circa tremila euro", sospira l’imprenditore che per salvare le sue vigne ha sfiorato quota settantamila euro.

L’azienda produce trecentomila bottiglie all’anno che prendono la via del Giappone e ripreso quella degli Stati Uniti, oltre a un canale già aperto con l’Europa del nord. "È molto difficile contrastare questo nemico; abbiamo fatto anche trattamenti notturni per far sì che lo zolfo non penalizzasse i vigneti. Quest’anno, il danno da peronospora ai raccolti oscilla tra il 50 e 70 per cen to, secondo me non solo a livello regionale bensì nazionale".

A questo si aggiungono gli effetti delle scelte - culturali ed economiche - in vigna, la tendenza ad accumulare vino nei magazzini dopo l’euforia post-pandemica e annate sempre più difficili per l’agricoltura sotto scacco dei cambiamenti climatici: un mix che Ziantoni definisce una "tempesta perfetta" e che peserà sui bilanci delle aziende aretine. Costi lievitati che, inevitabilmente, entreranno anche dentro la bottiglia di vino acquistata in enoteca o in cantina.

Anche qui, si tratta di scelte culturali ed economiche che, nel caso di Ziantoni, non si adegueranno a una linea di tendenza che, a ben guardare, già adesso tocca buona parte dei prodotti nel carrello della spesa. "Non caricheremo i costi sui clienti. È una scelta consapevole anche se ha un prezzo: spalmeremo il surplus nel tempo, limitandoci a un aumento del 10 per cento sul prodotto, considerato i rincari su tutta la filiera. Non andremo oltre: preferisco accollarmi il maggiore costo puntando sulla qualità dei miei vini che devono avere un prezzo giusto, alla portata di tutti". Anche se quest’anno, la peronospora ci ha messo lo zampino.