
Stefano Pasquini
Nel Purgatorio fra le anime dei morti violentemente, dopo Benincasa da Laterina, appaiono a Dante altri due personaggi, uno che era annegato e l’altro denominato "Federigo Novello" che prega. Si tratta di due persone che trovarono la morte combattendo contro esponenti della famiglia aretina dei Bostoli e nelle medesime circostanze. Ecco i versi:
e l’altro ch’annegò correndo in caccia.
Quivi pregava con le mani sporte
Federigo Novello
(canto VI Purgatorio, versi 15-18)
Per comprendere questi avvenimenti dobbiamo inquadrarli nella storia di Arezzo. Nel 1287, dopo alterne vicende, i guelfi vennero espulsi dalla città. Rinaldo de’ Bostoli e i suoi furono costretti a prendere la via dell’esilio e si ritirarono in vari castelli del contado aretino, dei quali il principale era il Castello di Rondine. Nei mesi successivi misero in atto varie scorrerie nel tentativo di rientrare ad Arezzo. Durante queste scorrerie accaddero i fatti narrati da Dante nel canto XVI del Purgatorio.
Guccio dei Tarlati di Pietramala era all’epoca il capo dei ghibellini di Arezzo e quindi diretto avversario di Rinaldo de Bostoli, capo dei guelfi. I Tarlati erano una grande famiglia aretina, possessori del Castello di Pietramala, del quale ancora oggi è possibile visitare i ruderi, che sorgeva fra Arezzo ed Anghiari.
Questa è la storia dunque: guelfi contro ghibellini, Bostoli contro Tarlati, Rinaldo de Bostoli contro Guccio dei Tarlati. È proprio quest’ultimo che viene citato nel verso 15 del canto VI del Purgatorio: "l’altro ch’annegò correndo in caccia". Annegò dunque, ma in quali circostanze? Non è facile stabilirlo neppure in base a quanto sostenuto dagli antichi commentatori. Secondo alcuni di loro (Pietro, Benvenuto) egli morì annegato, trasportato dal cavallo nell’Arno, mentre inseguiva in un’azione militare i Bostoli, guelfi fuoriusciti di Arezzo. Secondo altri (Lana, Ottimo, Buti) mentre era inseguito durante la rotta di Campaldino. Il testo autorizza entrambe le interpretazioni, in quanto caccia può valere sia "inseguimento" che "fuga"
Anche della prima versione esistono due varianti, la prima dice che l’annegamento sarebbe avvenuto nei pressi del Castello di Rondine, la seconda vicino a Laterina. In ogni caso sembra certo che l’annegamento avvenne nell’Arno e in concomitanza con uno scontro con i Bostoli. In questo senso sembra preferibile ipotizzare che l’episodio sia maturato in data antecedente alla battaglia di Campaldino (1289), proprio in occasione di alcune delle scorrerie dei Bostoli, successive alla loro cacciata da Arezzo nel 1287. La morte di Guccio Tarlati, capo dei guelfi, potrebbe essere stata la causa del fatto che i Bostoli non furono poi riammessi ad Arezzo negli anni successivi, essendo la città in mano ai Tarlati.
Nell’ambito delle medesime scorrerie e sempre ad opera dei Bostoli, sarebbe maturata anche la morte violenta dell’altra anima incontrata da Dante: Federico Novello, primogenito del famoso Guido Novello dei Conti Guidi, grande esponente ghibellino e il principale protagonista in negativo della battaglia di Campaldino.
Dopo la vittoria di Montaperti, alla quale Guido Novello aveva partecipato alla guida di proprie truppe, i ghibellini fecero il loro ingresso trionfale in Firenze. Quando nel 1264 morì Farinata degli Uberti, Guido Novello fu nominato dall’imperatore Manfredi suo vicario per la Toscana.
Purtroppo però le truppe imperiali di Manfredi subirono la pesante sconfitta di Benevento nel 1266 contro Carlo D’Angiò, nella quale trovò la morte lo stesso imperatore, e Guido Novello si trovò allora in grandi difficoltà a mantenere il potere in Toscana. Alla fine fu costretto a fuggire da Firenze.
In seguito Guido Novello si stabilì nella ghibellina Siena, nella quale assunse nel 1270 le cariche di podestà e capitano del popolo. Da qui tentò di stringere un’alleanza con Carlo d’Angiò, Re di Sicilia e, pur di raggiungere questo risultato consegnò al sovrano come ostaggi i suoi due figli, Giovanna e Federico, il protagonista dei versi danteschi. All’epoca Federico aveva circa quindici anni e fu costretto a restare nelle mani di Carlo d’Angiò per diverso tempo. Nonostante questo sacrificio però Carlo d’Angiò restò avverso a Guido Novello, che dovette lasciare le cariche pubbliche e difendere i propri castelli dall’attacco delle truppe guelfe. Solo nel 1273 si giunse ad accordi di pace, che però previdero che i due figli, che erano tornati da poco a Siena, fossero riconsegnati a Carlo d’Angiò. Federico Novello dunque non ebbe un’adolescenza molto semplice.
Guido Novello rimase protagonista delle lotte ghibelline in Toscana anche negli anni successivi. In questo periodo maturò la morte violenta del figlio Federico, che evidentemente era stato riconsegnato da Carlo d’Angiò alla sua famiglia. Federico sarebbe stato ucciso da un certo Fumaiolo dei Bostoli a Bibbiena, dove si era recato in aiuto agli alleati Tarlati, nel 1289 o 1291, e quindi all’età di circa trentacinque anni.
Le morti di Guccio dei Tarlati e di Federico Novello si verificarono dunque ambedue nello stesso scenario della lotta fra guelfi (Bostoli) e ghibellini (Tarlati e Guidi) prima della battaglia di Campaldino.