SIMONE
Cronaca

Il mistero della balena di Montione: un reperto impossibile al Museo Archeologico di Arezzo

Esploriamo la storia del reperto impossibile di Montione, tra leggende e scoperte scientifiche al Museo di Arezzo.

Esploriamo la storia del reperto impossibile di Montione, tra leggende e scoperte scientifiche al Museo di Arezzo.

Esploriamo la storia del reperto impossibile di Montione, tra leggende e scoperte scientifiche al Museo di Arezzo.

Qualche tempo fa avevamo scritto dell’impossibile balena di Montione: La Nazione, il 5 marzo 2023, titolò "Quell’osso di balena tra leggenda e realtà". Raccogliendo numerosi scritti del passato si è raggiunta la convinzione che un tale animale non potesse abitare i bacini d’acqua dolce di Montione, che vi erano stati numerosi similari ritrovamenti.

La stranezza animale venne forse appesa in Duomo, ad Arezzo, a ricordo del diluvio universale e che forse il reperto non era un fossile. Finalmente, grazie al gruppo di lavoro di Maria Gatto, direttrice del Museo Archeologico di Arezzo, qualche resto di questo reperto, sopravvissuto alla traslazione del Museo della Fraternita all’attuale sede. Ma soprattutto scampato in parte alla guerra mondiale, che è stato rispolverato e oggi è esposto. Ma non sempre le cose sono così facili, specie se "in cucina ci sono troppi cuochi".

Torniamo sull’argomento da approfondire dopo la conferenza su Antonio Fabroni indetta dall’Accademia Petrarca a novembre. Dunque Biagio Bartolini, presidente dell’Accademia dei Fisiocratici in Siena dal 1815 al 1819, in una pubblicazione degli Atti dell’Accademia del 1800 (volume 8) notò che “sopra una delle porte laterali del duomo d’Arezzo due bellissime difese elefantine“. Uno sbaglio poco comprensibile per un naturalista di quel calibro, uno sbaglio tra tipologia di mammiferi e numero dei reperti esposti?

Pochi anni dopo si tornò a parlare del reperto, al singolare, nel trattato delle acque (1827) da parte di Antonio Fabroni che divulgò la notizia che nel 1560 “si scuoprì nelle vicinanze di Montione un lato della mandibola inferiore di una balena che, creduto una costa dello stesso mammifero acquatico, fu dall’ammirazione e dal rispetto pubblico appeso all’interno della cattedrale di Arezzo sopra una delle sue porte” e li dovette rimanere sino al 1823 quando fu trasportato ad ornare il Gabinetto di Fraternita. Nel 1886, un altro naturalista, membro dell’Accademia di Scienze Naturali di Pisa, Giuseppe Ristori rispolverò (considerazioni Geologiche, 1886) il tema del “reperto impossibile” collocando la scoperta non più nel 1560 ma nel 1663 sempre presso Montione.

Il naturalista iniziò una propria indagine presso il Museo di Arezzo (in Fraternita allora) ove “fattane diligente ricerca potei vedere quei fossili senza essere determinati e quello che è peggio senza neppure portare scritta l’indicazione della località. Mio malgrado dovei pienamente convincermi che nei dintorni di Arezzo non solo non esistevano fossili marini pliocenici ma neppure terreni”.

Dunque cosa ne pensava del "reperto impossibile" il naturalista Ristori? Prosegue osservando lo stato di degrado e confusione in cui giacevano i reperti del Museo dovendo egli investigare “colla confusione che esiste nei cataloghi e nelle collezioni del Museo ove quello che è meno curato sì è appunto l’indicazione precisa della provenienza dei fossili che vi si conservano”.

La sua indagine prosegui precisando che per quanto si trattasse di osso di balena e non di qualche zanna “a Montioni non esistono terreni che possano contenere simili fossili”: insomma era sufficientemente chiaro che a Montione non potessero esser vissute balene e per di più in un bacino lacustre.

Ristori prosegue ancora affermando che “la mandibola di balena è molto discutibile se sia veramente fossile e per esperienze fatte da me su di un frammento che ne staccai non dubito punto di credere che quel resto organico appartenga a specie tuttora vivente e sia stato portato dall’uomo”.

Sulla scia scientifica di Ristori si è deciso di consultare il catalogo di “tutti gli oggetti esistenti nel museo della Pia Fraternita dei Laici”: tra le pagine, all’anno 1823, è annotato come dono dell’Opera del Duomo “una mezza mandibola di balena trovata a Montione circa il 1560, stata finora appesa alle pareti della Cattedrale”.

Dunque, a questo punto, con i dati a disposizione anche grazie alle risultanze scientifiche dei paleontologi all’indomani dell’esposizione è possibile pensare che nel 1560 a Montione fosse stato scoperto qualche osso di grandi dimensioni, forse non fossilizzato, come spesso avviene a causa dei sedimenti. Oppure è anche possibile che la mandibola rinvenuta, e oggi ritenuta scientificamente non fossile come aveva dichiarato duecento anni prima il Ristori, sia un tributo od apporto di qualche collezionista (o erudito antiquario che lo aveva recuperato in qualche viaggio) finito nelle raccolte private e poi nella cattedrale ed esposta al pubblico come prova di esseri giganteschi prima del diluvio.

È probabile, come spesso avviene, che realtà tradizioni e fantasia diano vita ad un qualcosa di nuovo che impressiona e lascia il segno. In ogni caso l’aver rispolverato il reperto e la sua storia è una grande operazioni di recupero della memoria storica della città e dei personaggi che la studiarono. Così come professionale e parzialmente ammaliante è l’etichetta presso il reperto che, con prudenza ricorda che “la tradizione vuole che il reperto sia stato rinvenuto a Montione nel 1560“.