REDAZIONE AREZZO

Il distretto dei gioielli tra i migliori d’Italia per l’export nel primo trimestre 2021

La crescita del 27% è il quadruplo di quella nazionale. Pochi reggono il confronto

E’ come un’eterna staffetta nella quale l’oro puro e i gioielli si passano il testimone, ovviamente, almeno in metafora, di metallo prezioso. Ecco dunque che non appena i giganti dell’affinazione e del recupero dagli scarti, che diventano lingotti e verghe, danno un primo segnale di stanchezza, anche se fatturati e utili sono ancora da record, la gioielleria, che aveva segnato il passo per tutto il 2020 del Covid, piegata dal lockdown di primavera e poi dalla ripresa lenta dei mercati esteri, torna a correre.

I dati aretini erano noti da qualche settimana, da quando la Camera di Commercio aveva diffuso le cifre dell’export nel primo trimestre. Quello che mancava era il confronto con il resto d’Italia, che arriva adesso grazie al rapporto nazionale di Banca Intesa sull’export nei distretti. E quello aretino dei preziosi vola, al quadruplo e anche più del dato nazionale. Per intenderci, nel paese la crescita delle esportazioni nei tre mesi iniziali del 2021 è stata del 6 per cento, i gioielli locali, invece, realizzati in un reticolo che comprende oltre mille sigle aziendali, per un totale di 7 mila dipendenti, 10 mila con l’indotto, salgono sui mercati esteri del 27 per cento, da 438 milioni del 2020 a 557 dell’anno ancora in corso.

Sono ben pochi i settori e i distretti che riescono a tenere il confronto con questa prestazione. Giusto gli elettrodomestici, al più 29 per cento, la metallurgia al 23 per cento di crescita e i mobili, al 15 per cento di aumento. Ma è facile notare che la gioielieria aretina si inserisce al secondo posto e contribuisce anche a far lievitare l’export della Toscana, che è fra le regioni migliori della penisola, col 13 per cento.

Attenzione però ai facili entusiasmi. Prima di dire che il distretto dell’oro è uscito dal letargo della pandemia servirà il conforto dei prossimi mesi, anche se tutti i protagonisti sono d’accordo nel dire che sì, ci sono forti segnali di ripresa sui quali lavorare, che i gioielli stanno tornando fra le punte del Made in Arezzo, insieme all’oro puro, appunto, e anche alla moda, che soprattutto nel distretto di Prada, quello sorto all’ombra del gigante della moda, sta dando buoni risultati, sia pure lontani in percentuale dai preziosi. L’intero comparto, dall’abbigliamento alle calzature, ha avuto nel primo trimestre una crescita del 22 per cento, da 162 a 198 milioni, ma siamo ancora a un terzo dei numeri assoluti dei gioielli.

Non si può non sottolineare, invece, la stasi dell’oro puro, che comunque resta la prima voce dell’export aretino: da un miliardo e 340 milioni a un miliardo e 209, in discesa del 10 per cento. Decremento fisiologico dopo la corsa pazza dell’anno del Covid, quando la domanda di lingotti come bene rifugio per gli investitori che fuggivano dall’economia produttiva in difficoltà era cresciuta in maniera esponenziale. Non a caso, come La Nazione ha scritto qualche giorno fa, i tre colossi del settore, Chimet, Italpreziosi e Tca hanno tutti registrato aumenti di fatturato o degli utili quali mai si erano visti in passato.

Salvatore Mannino