ATTILIO BRILLI
Cronaca

Ho visto un re: dipingeva. Carlo tra corona e pennello. Una delle prime mostre la regalò alla Valtiberina

L’allora principe di Windsor stregato dalla vallata di Piero e dalla cucina. Sansepolcro ricambiò ospitando una personale dedicata agli acquerelli.

L’allora principe di Windsor stregato dalla vallata di Piero e dalla cucina. Sansepolcro ricambiò ospitando una personale dedicata agli acquerelli.

L’allora principe di Windsor stregato dalla vallata di Piero e dalla cucina. Sansepolcro ricambiò ospitando una personale dedicata agli acquerelli.

Brilli

ammirazione di Re Carlo III d’Inghilterra per l’Italia è più che risaputa ed è testimoniata da ben diciannove visite che vi ha compiuto come Principe di Galles prima e poi come sovrano, compresa quest’ultima del mese di aprile 2025.

Alcune visite sono state di carattere protocollare, altre di piacere, senza escludere la compartecipazione ad emergenze drammatiche, come la sua presenza nel 2017 ad Amatrice, dopo il disastroso terremoto. Al di là dell’evento politico o di quello mondano, merita qui ricordare che, in Italia, di Carlo si conosce l’attività di pittore attraverso una serie di mostre dei suoi dipinti che, nel corso degli anni, sono state organizzate in varie località del paese. Una delle prime, e fra le più ricche, è legata al rapporto privilegiato dell’allora Principe di Galles con la Valtiberina che ha visitato più di una volta interessandosi anche alle sue tradizioni gastronomiche.

Nell’autunno del 2001 venne infatti organizzata a Sansepolcro, nelle sale di Palazzo Inghirami, una mostra delle sue litografie intitolata Il Principe e il paesaggio. La mostra fu un evento di grande risonanza che fece conoscere non solo in Toscana, ma in tutta Italia, l’attività artistica del principe. Come è noto, Carlo ama dipingere paesaggi all’acquarello, secondo una tradizione che è, per così dire, di famiglia. Infatti sono vari i componenti della famiglia reale britannica che, negli anni, hanno avuto la passione della pittura, a cominciare dalla Regina Vittoria e dal Principe Alberto i quali, nel secondo Ottocento, solevano scegliere l’Italia, e in particolare la Toscana, come luogo dove trascorrere periodi di riposo coltivando la loro arte prediletta.

I giornali dell’epoca riportano immagini della regina placidamente seduta davanti al cavalletto, con in mano tavolozza e pennelli, mentre osserva il paesaggio. Alcune sue opere erano esposte nella mostra di Sansepolcro. D’altra parte nella tradizione culturale britannica sono molti gli eminenti personaggi, attivi nei settori più diversi, che si sono dedicati alla pittura in una forma che potremmo definire amatoriale. Basti pensare in questo senso a Sir Winston Churchill, il quale, nel corso dei suoi viaggi istituzionali, soleva ritagliarsi delle pause per dedicarsi alla pittura di paesaggio.

"La pittura costituisce la più totale delle distrazioni", soleva dire il grande statista, assegnando a questa arte un ruolo terapeutico, "non conosco nulla che, senza stancare il fisico, assorba in maniera più completa la mente".

Memorabile è rimasto il suo aforisma: "Felici sono i pittori perché non si sentono mai soli, la luce e i colori tengono loro compagnia". Gli storici dell’arte sostengono che Carlo non poteva non dedicarsi alla pittura, avendo avuto sin da piccolo sotto gli occhi, nelle residenze reali, i migliori esempi della tradizione vedutistica e paesaggistica occidentale. In realtà c’è una motivazione ben più profonda, vale a dire la solida tradizione topografica della pittura britannica che nasce e si consolida con il Grand Tour.

Durante quello che veniva definito viaggio di formazione, o di promozione culturale, sin dal Seicento, giovani e meno giovani britannici, donne e uomini, avevano l’obbligo non solo di descrivere, ma di raffigurare con il pennello i luoghi che visitavano. In questo senso, potevano contare su eccellenti esempi, dai Cozens padre e figlio, a Thomas Jones, a William Turner. Molti pittori di vaglia venivano ingaggiati dalle famiglie aristocratiche per accompagnare i giovani rampolli impegnati nel viaggio d’istruzione insegnando loro a raffigurare i luoghi che visitavano. Questa consuetudine ha perfino un risvolto politico che è costituito dalle numerose incisioni e litografie raccolte in volume, attraverso le quali si soleva illustrare visivamente l’acquisizione di nuove colonie dell’Impero britannico. Ci sono annotazioni del giovane Principe Carlo che rimandano alla sua attività di pittore in Toscana, come quando annota: "Mi piace dipingere i cipressi, essi si avvolgono in un’amabile oscurità e proiettano ombre meravigliose che ti attraggono nel paesaggio".

In altre occasioni rimandano invece al tipico paesaggio inglese: "Questa parte dello Yorkshire è, a mio umile avviso, uno dei migliori esempi della collaborazione di Dio con l’Uomo nel produrre qualcosa di incantevole". Sua Altezza Carlo si è avvalso a lungo del rinomato stampatore Stanley Jones il quale, a sua volta, ha collaborato con grandi artisti come David Hockney e Henry Moore. La stretta collaborazione ha permesso di tradurre il singolo acquarello del sovrano in un certo numero di impeccabili riproduzioni litografiche firmate dall’autore.

Secondo il Daily Telegraph la vendita delle litografie tratte dagli acquerelli ha reso circa sei milioni di sterline che Carlo ha devoluto per fini caritatevoli. Come altri membri della famiglia reale, egli ha infatti una Fondazione di Beneficenza che opera come centro di raccolta e di distribuzione dei proventi che derivano dalle sue attività. Di quella di pittore, la Valtiberina ha un ricordo particolarmente vivo e duraturo.