Giancarlo, l’orrore a 7 anni: "La chiesa era distrutta e io scappavo fra i morti"

Caldelli è uno degli ultimi scampati al rastrellamento nella piazza del borgo "Pensavamo di essere in salvo e invece mio padre fu ucciso più tardi nel bosco".

Giancarlo, l’orrore a 7 anni: "La chiesa era  distrutta e io scappavo fra i morti"

Giancarlo, l’orrore a 7 anni: "La chiesa era distrutta e io scappavo fra i morti"

"Più vado avanti con gli anni e più i ricordi riaffiorano. Anche adesso guardo la piazza e mi torna in mente cosa vidi quella mattina del 29 giugno del 1944 uscendo dal nostro nascondiglio". A parlare è Giancarlo Caldelli, uno degli ultimi superstiti della strage di Civitella, scampata in quella estate del 1944 alla furia nazista e che pochi giorni dopo riuscì a salvarsi dal rastrellamento dei tedeschi in ritirata. "Avevo 7 anni, mio padre accortosi di quanto stava accadendo in piazza, sentendo le raffiche di mitra, ci intimò di nasconderci in soffitta. Guardi è quella lì - racconta Giancarlo indicando il tetto di un’abitazione - Ero insieme a mia madre, ai miei fratelli ma c’erano anche alcuni vicini. In tutto eravamo una decina di persone. Siamo stati per ore nel silenzio più assoluto mentre da fuori arrivavano urla e spari. Ci siamo salvati perchè mio padre aveva sbarrato la porta di casa dall’interno con alcune assi. I militari provarono a sfondare con il calcio del fucile ma non ci riuscirono. Meno male non usarono le bombe come fecero per il portone della chiesa...".

Quando siete usciti di casa?

"Non so dirle quanto tempo siamo rimasti in silenzio. So solo che una volta usciti ho visto un’immagine che vedo ancora oggi: la chiesa distrutta, le case date alle fiamme e poi i corpi di tante persone che conoscevo senza vita sparsi qua e là. Sono come dei flash perchè poi noi stavamo fuggendo, dovevamo raggiungere una scala che dall’orto di una casa ci avrebbe condotto oltre le mura fuori dal paese, con il rischio nel frattempo di essere scoperti dai nazisti che erano ancora in giro per le strade, cercando casa per casa. Ricordo che nella fuga trovammo un vicino che era stato ferito, nel tentativo di ripararsi dalla fucilazione, alle mani e al volto. Le donne e gli uomini che erano con me cercarono di aiutarlo con bendaggi e quanto avevano a disposizione".

Dove vi siete diretti dopo aver lasciato il paese?

"Molti all’epoca avevano un podere in campagna. Noi ne avevamo uno verso la zona di Selva Grossa, per intenderci fuori da Civitella procedendo verso la Valdambra e ci dirigemmo qui. Non ci saremmo mai aspettati di finire nuovamente tra le mani dei nazisti. Era il 10 luglio quando avvenne il rastrellamento. Io approfittai di un momento di distrazione e scappai a piedi nudi insieme a mio cugino. Mio padre invece venne ucciso quel giorno. Aveva 45 anni. Nella strage ho perso anche lo zio e il nonno".

Una volta scappato cosa ha fatto?

"Ero con mio cugino di 6 anni. Per tre giorni e tre notti abbiamo vissuto nei boschi trovando riparo dove era possibile. Durante la fuga pensi che calpestai un asse con dei chiodi nel bosco. Mio cugino fu costretto a portarmi a spalla perchè zoppicavo. Poi fortunatamente dopo tre giorni ritrovai mia madre: mi credeva morto insieme a mio padre. Da quel giorno è tutto cambiato: Civitella nel 1944 aveva una casa di riposo, un macellaio, un presidio per le prime cure, vari artigiani. Era il punto di riferimento della zona. Pieve al Toppo e Badia al Pino erano poche case all’epoca. L’uccisione della maggior parte degli uomini, soprattutto in età da lavoro, ha distrutto quello che fino ad allora era stato un paese benestante e vivo, segnandone per sempre la storia".

Matteo Marzotti