
Ghemon tra musica e racconto: "Il teatro mi ha sempre affascinato"
"Muoversi su più territori è la cosa che mi fa sentire più realizzato", spiega Ghemon (all’anagrafe Giovanni Luca Picariello, nella foto), che stasera aprirà la stagione del Teatro Verdi di Monte San Savino, organizzata da Comune, Fondazione Toscana Spettacolo, Officine della Cultura e Monteservizi, con la direzione artistica di Amanda Sandrelli e Luca Baldini. Si intitola "Una cosetta così" lo spettacolo, scritto con l’aiuto di Carmine Del Grosso, di stand-up comedy, storytelling e musica, che racconta in modo autoironico tutte le anime di un artista poliedrico come Ghemon. Ad accompagnarlo sul palco, Giuseppe Seccia (tastiere) e Filippo Cattaneo Ponzoni (chitarra).
Come succede che Ghemon incontra il teatro?
"Il teatro mi ha sempre affascinato anche quando ci sono stato per qualche concerto. La comicità, poi, è una cosa che mi porto dietro fin da bambino".
Perché la stand-up comedy?
"Mi sono avvicinato a questo genere prima come utente. Mi piaceva quel tipo di racconto che ironizza sulla propria vita, sulle proprie sventure, sui propri casini, sui propri punti di osservazione e ho iniziato a buttar giù qualcosa ogni tanto".
L’esordio a quando risale?
"È stato nel 2017, a Milano, una serata a microfono aperto. È già un po’ che ho in mente questa idea, sentivo che non era completo il modo in cui mi stavo esprimendo, ma poi la carriera musicale ha fatto altri giri e mi sono concentrato di più sulla musica".
Cosa vedrà il pubblico di Monte San Savino?
"Vedrà uno spettacolo dove prima di tutto si ride. È molto ironico, accompagnato da canzoni inedite. Sia ben chiaro, non si tratta di un concerto, ma lo spettacolo ha le sue canzoni e poi c’è una parte più profonda con riflessioni di vita in generale".
C’è qualcosa che l’ha sorpresa di sè stesso in questa nuova veste?
"La buona capacità di adattamento alle reazioni del pubblico e, soprattutto, la sensazione di sentirmi a casa quando entro in teatro".
Qual è la sua più grande passione?
"Resta comunque e sempre la musica, però nel mio cuore c’è anche un’altra cosa che la musica non riesce a darmi: la gioia immediata che provo quando vedo le persone che sorridono in teatro".
La delusione che le fa ancora male?
"Il racconto epico della mia vita sgangherata è pieno di cose che sono andate diversamente da come me le immaginavo. Lo spettacolo ne è pieno, ma non posso anticiparlo".
Nel suo libro "Io sono", racconta molte ripartenze. Cosa serve ogni volta?
"La ripartenza avviene nel momento in cui si comprende che ci troviamo a un punto fermo. Non serve trascinarsi oltre, ma avere coraggio e inconsapevolezza per buttarsi e rischiare. Ho sempre rischiato molto per sentirmi realizzato, per imparare qualcosa di diverso, per esprimermi in un modo più vario".
L’incontro professionale che è stato più importante?
"Sicuramente aver incontrato Carmine Del Grosso, con cui ho scritto questo spettacolo. Poi ci sono due rapporti a cui tengo molto, che vanno al di là dell’aspetto professionale sono più di amicizia, quelli con Rocco Tanica e Vincenzo Salemme".
Si prenderà una pausa Sanremese dallo spettacolo? A cosa sta pensando per il futuro?
"Sto già pensando al secondo spettacolo. Mi piacerebbe molto far uscire il disco dello spettacolo o un podcast in cui ascoltare alcuni piccoli monologhi e le canzoni, mentre si cammina, si è in auto o mentre si corre".