
Scene di panico e dolore allo stadio Heysel. Nella foto piccola, Giusy Conti con il foulard bianconero di cui parla Santori
Non ho mai dimenticato quella mattina di maggio 1985 quando mi trovai, come di vice preside del liceo classico Petrarca, a firmare il permesso di uscita anticipata per una mia alunna della classe II C che era in partenza per il Belgio per assistere alla finale della sua Juventus con il Liverpool. Quante volte mi son rammaricato di non averle potuto dire: "Non ti ci mando!".
Invece mi fece tenerezza perché fin dalla mattina era venuta a scuola avvolta in un vistoso foulard bianconero e mi si presentò nell’ingenua freschezza dei suoi diciassette anni, con gli occhi brillanti di gioia. Ho avuto centinaia di alunne nei miei anni di docenza e successivamente migliaia in quelli di presidenza del liceo scientifico di Codigoro, del magistrale Colonna e del liceo scientifico Redi, ma Conti Giuseppina, pardon Giusy (come voleva essere chiamata, perché considerava il suo nome troppo antiquato) è rimasta nel mio cuore come indimenticabile punto di riferimento per la conoscenza dell’universo adolescenziale.
Giusy, ordinata e precisa, ma non pedante, prendeva tutto sul serio: nella scuola e fuori. Adorava lo sport: i suoi quaderni erano costellati di nomi di ciclisti, tennisti, atleti di varie specialità e, naturalmente, di calciatori. Il suo amore per lo sport non era tuttavia soltanto quello passivo del tifoso! Per fare un esempio, quando scoprì il tennis decise di praticarlo: mi dicevano che non se cavasse per niente male e che avesse, anzi, un rovescio di tutto rispetto.
Oggi l’impianto sportivo di Rigutino, destinato a migliorare la logistica e l’organizzazione delle attività, anche giovanili, dell’Arezzo che ne ha assunto la gestione, è giustamente intitolato a Giusy Conti. La sua storia è quella di un’adolescente con i jeans, le scarpe a vela e il maglione rosso, che non voglio retoricamente definire speciale perché era semplicemente normale, piena di vita, ricca di quelle semplici e sincere passioni che muovono il cuore degli adolescenti, per lo meno di tanti adolescenti aventi alle spalle una bella e solida famiglia. Il suo modo di essere ci porta nelle botteghe, nelle strade, nei parchi, nelle discoteche e naturalmente nella scuola di allora. Giusy era una studentessa esemplare, ma tutt’altro che la classica antipatica secchiona: vivace, ma educata e responsabile, semplicemente amava lo studio (era una lettrice onnivora) e detestava fare brutte figure.
Nel firmare il permesso le ricordai con tono scherzosamente minaccioso che al ritorno dal Belgio l’attendeva l’interrogazione sui lirici greci su tutto il programma quadrimestrale, che avrebbe superato brillantemente, orgogliosa com’era, a costo di portarsi dietro il libro e studiare in treno. E invece rimase un banco vuoto con sopra un mazzo di fiori in una classe divenuta improvvisamente silenziosa.