
di Lucia Bigozzi
e Alberto Pierini
Giani ha messo la sveglia all’alba per telefonare a Roma e gettare giù dal letto il ministro delle imprese Adolfo Urso. Ma il tribunale non è stato da meno. Già in mattinava aveva prodotto il decreto che rischia di essere per la proprietà della Fimer la definitiva spallata. Convocata in aula per mercoledì 14. Ma già nel decreto elaborato tra le pieghe del ponte c’è un percorso marcato come l’autostrada del sole. Prende atto della rinuncia al concordato preventivo e del resto chi lo propone è libero di fare un passo indietro in qualunque momento. Ma il giudice fallimentare anticipa di essere altrettanto libero, anzi nel suo pieno diritto di "dichiarare lo stato d’insolvenza dell’impresa".
E di poterlo fare anche d’ufficio "qualora nel procedimento si verifichino astrattamente le condizioni per la dichiarazione di fallimento e quindi quando vengano meno gli effetti protettivi del concordato". Esempio? Quando l’impresa rinunci alla domanda. Quel passo indietro del Cda, ancora tempestato di dubbi, potrebbe diventare il boomerang definitivo.
Mettendo al volante un’amministrazione straordinaria: commissari, che tra l’altro in calce lo stesso Federico Pani, il presidente del collegio, invita il ministro a indicare entro la data dell’udienza. Ministro che, dopo la levataccia imposta da Giani, era comunque già su una linea simile, sia pur politica e non giudiziaria. Bruciando i tempi: perché il tavolo è stato convocato per domani alle 11. Sia pur in videoconferenza e indicando come località non Terranuova ma Poggio Bracciolini. E di amministrazione straordinaria aveva parlato Giani per telefono. "Gli attuali proprietari non sono capaci di portare avanti l’azienda. Il mio auspicio è che si possa procedere alla nomina di un amministratore straordinario e abbia pieni poteri per poter finalmente passare la società a chi la sa gestire".
Ha spiegato a Urso che un soggetto c’era e investito con una nota ufficiale dalla stessa azienda prima che facesse dietrofront per sconfessarlo su tutta la linea. E’ Greybull McLaren: offeso dalle accuse del Cda? Forse sì ma sempre disponibile. "Le nostre banche hanno confermato la disponibilità di 50 milioni di euro e 10 saranno versati al via libera degli organi competenti". E una carezza ai lavoratori che non disdice, specie nella comunicazione. "L’azienda ha molte capacità ma quelle che ci hanno colpito di più sono la resilienza e le competenze dei suoi dipendenti". Un passaggio che non sfuggirà a chi occupa da giovedì sera e a chi presidia notte e giorno la fabbrica.
Ma alla fine la partita vera si giocherà di nuovo in tribunale. Tra otto giorni, volendo la proprietà potrebbe perfino avere il tempo di metterci una pezza. Ma deve essere risolutiva. Perché il quadro disegnato dal giudice fallimentare è tutto in salita. Intanto un buon gruppo di dipendenti ha chiesto l’apertura di liquidazione giudiziale, che in questi casi vale come dichiarazione di insolvenza. E poi perché la liquidità indicata dall’azienda fino alla terza settimana di luglio è relativa. I contributi infatti non verrebbero pagati ma compensati con crediti fiscali. E tutto passerebbe da una forte riduzione della produzione: non più 4 milioni di euro al mese per acquisto di materiali, ,a a giugno un milione e mezzo e a luglio la metà.
Il tutto a fronte di una prosecuzione dell’attività, quando, nota il giudice, "risulta compromessa dalla reazione degli operai e dal blocco degli impianti". Tutti tasselli che rischiano di disegnare il mosaico dello stato di insolvenza: fino a sfilare le chiavi alla proprietà. E probabilmente a rimettere McLaren in pole position: ma del resto è il posto che la storia le ha sempre riservato.