Fimer. I sindacati tuonano contro Cda e azionisti. “Non sono i lavoratori che vogliono far chiudere l’azienda”

“L’azienda è tecnicamente ferma dal 31 di marzo e l’esclusiva responsabilità di tutto quello che è accaduto è riconducibile a due soli soggetti”, hanno detto Fiom Cgil, Fim Cisl e Uil Uilm.

Una delle assemblee Fimer

Una delle assemblee Fimer

Arezzo, 23 giugno 2023 – “Non accettiamo una rappresentazione fuorviante e inesatta delle motivazioni e delle responsabilità sulla vertenza Fimer. Non sono i lavoratori che stanno compromettendo il futuro dell’azienda”. Ci vanno giù duro i sindacati, che con una nota ufficiale uscita nel pomeriggio hanno spigato il loro punto di vista in merito ad una vicenda che sta mettendo a dura prova la serenità di molti, in primisi dei dipendenti dello stabilimento di Terranuova. “Dal provvedimento del tribunale emerge chiaramente la drammatica situazione economico finanziaria dell’azienda”, hanno spiegato Fiom Cgil, Fim Cisl e Uil Uilm, per i quali i dipendenti non hanno nessuna responsabilità per la situazione che si è venuta a creare. “Tra l’altro è stata presentata anche una nuova richiesta di concordato basata esclusivamente su “ennesime” manifestazioni di interesse e non su accordi certi che prevedano immissione di capitali nell’immediato, finendo per ripresentare una proposta vuota e superficiale atta solo ad acquistare ulteriore tempo”, hanno aggiunto , portando anche un esempio.

“Alcuni soggetti che risultano da nuovo concordato Fimer aver manifestato interesse, da noi contattati, hanno smentito categoricamente qualsiasi recente interlocuzione con la proprietà e cda – hanno annunciato i sindacati – Mentre relativamente a Clementy, che pare oggi nuovamente interessata, ci atteniamo al loro ultimo comunicato ufficiale di aprile in cui, citiamo testualmente, dichiaravano di risolvere il contratto di investimento a causa delle varie inadempienze degli azionisti di Fimer. L’attuale situazione è facilmente rappresentabile – hanno proseguito – Le aziende che operano nella logistica, sullo stoccaggio della materia prima, sono ferme e non garantirebbero l’approvvigionamento dei componenti per le linee produttive, perché già da tempo lamentano mancati pagamenti. L’attuale autonomia è riconducibile a 2/3 giorni di lavoro per solo alcune linee di prodotto. I fornitori in assenza di pagamenti non garantirebbero nuove forniture. Le ditte in appalto (mensa, pulizie, servizi, service) sono nelle stesse condizioni".

" In questi giorni – hanno spiegato Fiom, Fim e Cisl – stanno scadendo importanti licenze per la gestione, soprattutto per l’assistenza ai clienti e non sappiamo se ci sono le risorse economiche per provvedere ai rinnovi. Se questa è la realtà, non appare a tutti chiaro che tempo a disposizione non ne abbiamo? E che se la famiglia avesse voluto realmente fare l’interesse dei lavoratori poteva semplicemente confermare l’accordo con Greybull?” Da quello che risulta ai sindacati la disponibilità di cassa è sufficiente (forse) solo a coprire il pagamento degli stipendi, “tenendo conto che vi sono pendenti cause che potrebbero impedirne lo smobilizzo per questo fine. Una cassa che, come hanno sottolineato le organizzazioni sindacali, è stata e continua ad essere ridotta nel tempo.

“Questo è avvenuto e avviene a causa di consistenti pagamenti per consulenze aziendali e incarichi che non portano valore aggiunto all’interesse aziendale”. E’ stato poi ricordato che durante il periodo di prededuzione si è registrato un forte sbilanciamento costi ricavi tra i due stabilimenti, anche rispetto all’utilizzo dell’ammortizzatore sociale. “E questo lo diciamo non per mettere in competizione i lavoratori di due territori diversi, ma solo per evidenziare nuovamente questo utilizzo improprio delle risorse da parte della proprietà – hanno tuonato i sindacati – E ci chiediamo. E’ nell’ottica dell’interesse societario o per preservare l’interesse personale? L’azienda è tecnicamente ferma dal 31 di marzo e questo è ben verificabile da quanto definito dal giudice di Arezzo nella convocazione dell’udienza del 3 maggio. Appare quindi evidente come, l’esclusiva responsabilità di tutto quanto accaduto, è riconducibile a due soli soggetti: l’attuale Cda e gli azionisti che non hanno permesso l’immissione di capitali necessari a non far spengere gli impianti produttivi. Quindi chi vuole l’azienda fallita? – Hanno concluso i sindacati – Continuare a richiedere tempo e concordati solo per sfuggire alle proprie responsabilità evidenzia in modo chiaro chi è che non vuole la salvezza di questa realtà produttiva”.