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Arezzo, 28 dicembre 2018 - E’ un'altra doccia gelata che cade sulle spalle degli aretini. L’economia proprio non vuol saperne di rimettersi in moto, anzi rallenta vistosamente nei primi nove mesi del 2018, dopo i segnali di ripresa dal 2013 in avanti.
Manca ancora l’ultimo trimestre, ma se i segnali di crisi se non di recessione già visibili a livello nazionale dovessere essere confermati anche in sede locale, si prospetta una brusca frenata su qualsiasi prospettiva di ripresa vera, anche se i dati previsionali dell’Ires-Cgil di agosto (ora corretti al ribasso dall’istituto di ricerca legato al maggiore sindacato italiano) non erano poi così negativi: aumento delle esportazioni e calo della disoccupazione nel 2019, con una crescita del valore aggiunto intorno all’1 per cento, adesso riveduto intorno allo 0,8-09%.
Tecnicamente non è recessione, ma lo stop è evidente. Torniamo però ai dati reali, quelli appena sfornati dalla Camera di Commercio sull’export nei primi tre quarti dell’anno che va morendo. Bene, quel che era cominciato discretamente, prosegue assai meno bene. Perchè all’aumento del primo semestre (più 3,4%) fa da contrappeso una pesante caduta nell’ultimo trimestre, da giugno in poi (meno 6,9, un mezzo crollo) che nei nove mesi da gennaio a settembre produce un arretramento relativamente lieve (meno 0,8) ma significativo del cambiamento di clima: dalla moderata soddisfazione di una ripresa debole allo scontento di una nuova crisi incipiente.
Si fa sentire il riallineamento del settore orafo. I gioielli vanno a scossoni: partono male nel primo trimestre (meno 2,7%), si riprendono nel secondo (2,6), crollano ancora nel terzo (meno 7,1%, con una flessione più marcata della media). Il totale del 2018 fa un poco felice meno 2,3.
Viaggia a sbalzi anche l’oro puro dei lingotti: 10,6 fino a marzo, 16 fino a giugno, ma meno 7,8 a settembre. Il dato finale resta in positivo di quasi il 5% ma anche qui il rallentamento è evidente. Nè si tratta solo di oro e gioielli: al netto dell’oreficeria, l’export aretino dei primi nove mesi va sotto del 4,4%, con un peggioramento (meno 5,9) nel terzo trimestre.
Contribuiscono in maniera determinante alla flessione la pelletteria (il distretto di Prada) che perde il 30% (26 da giugno a settembre), le calzature (meno 20%) e anche l’abbigliamento (meno 1,2% ma con un crollo del 17 nell’ultimo trimestre disponibile). Eppure, nella difficoltà, il distretto orafo aretino resiste meglio delle altre capitali del gioiello: al meno 2,3 nostrano corrispondono il meno 2,7 di Valenza e addirittura il meno 4,8 di Vicenza. Il prezzo dell’oro, fa notare Massimo Guazzesi, presidente della Camera di Commercio, è sceso nel frattempo del 4,7%, il che potrebbe far pensare che a prezzi costanti gli orafi aretini chiudano i primi tre trimestri alla pari sul 2017.
Se caduta è, comunque, dipende fondamentalmente da tre mercati: la solita Dubai, giù del 18%, gli Stati Uniti, in calo dell’8, la Turchia che per la prima volta cede il 5. Tiene invece Hong Kong, che cresce dell’1,8%. Bene anche Francia, Panama e Libano, tutti intorno al 20% in più, ma pesano ancora troppo poco. Nel complesso siamo di fronte a quella evidente frenata di cui già ai primi di dicembre parlava il focus Ires-Cgil.
Il direttore Gianfranco Francese dice alla Nazione che andranno riviste in peggio le previsioni di agosto. In effetti, già l’aumento dell’export che era stimato in 6 miliardi e 515 milioni viene ricalcolato in 6 miliardi e 406, che varrebbe comunque una buona crescita del 5%.
Reggerà il dato? E reggeranno le stime del 7,3 di disoccupazione contro il 7,8 del 2018 e il 9,7 del 2017? Di certo, per ora, rallentano i consumi e aumentano i risparmi. La gente nel dubbio non spende ma tiene i soldi in banca.