
Spaccio
Arezzo, 30 novembre 2016 - ORMAI la divisione del lavoro criminale in questa città è fin troppo chiara: lo spaccio al minuto ai magrebini, come dimostrano anche i dieci arresti della squadra mobile annunciati ieri, la prostituzione agli albanesi e ai rumeni, i furti ancora ai rumeni. Ma la filiera della droga è assai più lunga e non si ferma certo ai marocchini e ai tunisini che cadono come le pere mature nelle mani della polizia e dei carabinieri, in una serie infinita di blitz che confermano come i nordafricani abbiano sostanzialmente il monopolio dei pusher di strada, anche se è poi difficile prenderli in castagna perchè approfittano delle incongruenze della normativa di legge antistupefacenti per viaggiare solo con bustine che rientrano nella modica quantità e li rendono spesso non punibili.
In realtà, alle spalle dei «venditori di morte» (come li ha chiamati il questore Bruno Failla) che stanno per strada c’è una catena che comincia addirittura in Sudamerica, in particolare in Colombia, dove si trovano le grandi coltivazioni di cocaina grezza, controllate dai cartelli dei narco-trafficanti, primi fra tutti quelli di Medellin e di Cali. Ormai tra loro e la Ndrangheta c’è un accordo consolidato che dà alle Ndrine calabresi una sorta di monopolio sull’export verso l’Italia e il resto del mondo.
LA COCA, dunque, viene stipata nelle navi portacontainer, nascosta tra la merci ordinaria, e attraversa l’oceano fino al porto di Gioia Tauro, uno dei più importanti al mondo per il traffico container, sul quale le mani della Ndrangheta sono da sempre salde. Da lì, sui Tir degli autotrasportatori la polverina arriva nella zona di smistamento di Napoli-Caserta (e qui entrano in ballo anche i clan di camorra), dove comincia il viaggio verso Arezzo, come provano una serie di operazioni condotte sia dai carabinieri che dalla polizia (la «Buratto» e la «Caffè amaro» fra le altre).
I grossisti «aretini» che si riforniscono in Campania sono principalmente di due etnie: ci sono gli albanesi, che gestiscono la fetta più grossa, e ci sono anche alcuni clan nigeriani o magrebini, che si stanno rendendo indipendenti e sono diventati «padroncini». Inizia così il tratto finale, fino alla città e al suo hinterland. L’ultimo chilometro, poi, è appunto quello degli spacciatori al minuto, che come si è già detto sono ormai quasi esclusivamente magrebini. Sono loro che dai giardini del Porcinai al Pionta, da Campo di Marte a piazza Guido Monaco vendono al consumatore finale, cioè tossici e consumatori occasionali, quasi tutti giovani, quasi tutti aretini.
QUANTI sono i pusher di strada? Un calcolo preciso è impossibile, ma gli investigatori ne stimano parecchie decine, fino a un centinaio nell’arco di un anno. Che si riforniscono anche attraverso canali alternativi: Firenze per la coca, Perugia per le droghe leggere, persino Bologna. Spesso i protagonisti dello spaccio si consorziano fra loro, come si è visto ad esempio nella retata del bar Italia di Campo di Marte. Se qualcuno rimane a corto di «roba», i colleghi gliela cedono perchè non si trovi senza «lavoro». Ovviamente il favore è a buon rendere. E poi ognuno fa da vedetta anche per gli altri: se c’è il sentore di un blitz antidroga, scatta l’allarme generale. E’ il mercato, bellezza. Che sia anche illegale e criminale è un particolare di cui ai protagonisti non importa niente.
Salvatore Mannino