Pugno di ferro alla droga: oltre cento arresti, ma è emergenza. Le zone, i pusher

Al Pionta, Campo di Marte e Saione dominano i nigeriani. Ai Porcinai i magrebini. A rischio anche via XXV Aprile col polo scolastico e il centro da Colcitrone a S.Lorentino

Spaccio di droga: il momento dello scambio (Schicchi)

Spaccio di droga: il momento dello scambio (Schicchi)

Arezzo, 7 maggio 2019 - Nel supermercato della droga i commessi (gli spacciatori) non finiscono mai. E più ne arresti più ne spuntano fuori. Ne sanno quacosa carabinieri, polizia, finanza e persino polizia municipale che nel 2018 e in questo scorcio di 2019 ne hanno ammanettati oltre cento, forse 120-130 ma i numeri solo ufficiosi: la cifra è eclatante, almeno per una città di provincia che aspirerebbe al ruolo di capoluogo tranquillo e dice molto di come l’emergenza droga non sia affatto vinta.

Tutt’altro, se si pensa che secondo le classifiche nazionali della criminalità, Arezzo è una delle cinque o sei realtà in cui i reati legati agli stupefacenti sono cresciuti di più, in percentuale più di Firenze e Milano, più di Macerata che col doppio caso Pamela e Luca Traini, quello che sparava a caso sui neri, ha dominato le cronache per mesi, appena un filino sotto Roma e Pisa: 92 denunce ogni 100 mila abitanti, con un aumento del 32% fra 2017 e 2018 che è il più alto d’Italia.

Il dato è non solo allarmante ma anche ambivalente. Nel senso che si presta a una doppia interpretazione: o sono saliti vertiginosamente i pusher o è aumentata drasticamente la capacità di repressione degli apparati pubblici. Oppure un misto delle due ragioni, che è poi l’ipotesi empiricamente più credibile, come è facile constatare dal grido di dolore che viene sempre più spesso dalle zone in cui impera lo spaccio e insieme dai mattinali delle forze dell’ordine con lo stillicidio quotidiano degli arresti.

Che fossero tanti era già evidente dalla frequenza delle comunicazioni in arrivo da questura e carabinieri, che fossero a uno ogni 3 giorni, magari anche 2,5, è un calcolo che si può fare a posteriori. La maggior parte, ahinoi, in galera ci resta poco. Li arrestano, li portano al processo per direttissima e li rimettono fuori per il combinato disposto del quinto comma della legge antidroga (quello sulla modica quantità) e del decreto svuotacarceri.

Pensare che la cattura in flagranza serva almeno come spauracchio a smetterla con lo spaccio è una pia illusione: che volete che torni a fare, una volta libero, chi ha capito come la legge italiana sia, per dirla con Davigo, una specie di spaventapasseri che fa paura da lontano ma se ti avvicini ti viene da ridere? Che volete che faccia chi non è regolare, chi non ha un permesso di soggiorno, se lo è visto negare oppure aspetta una decisione o un ricorso su una domanda di asilo? Una massa di persone senza una chiaro status giuridico che oltretutto ha sperimentato come sia facile guadagnare con la droga, molto più che lavorando.

Non c'è uno spacciatore tipo, ce ne sono di vari generi e nazionalità. Al Pionta e a Campo di Marte, il cuore di tenebra della droga aretina, dove avviene il 60/70% degli arresti, dominano i nigeriani, con contorno di altre etnie di colore. Loro vendono di tutto: coca, eroina, droghe leggere e si riforniscono attraverso canali tutti interni alla loro nazionalità. Sono gli stessi che controllano anche la casbah nel mezzo di Saione: via Piave, via Trasimeno, via Nazario Sauro, via Fabio Filzi, dove ci buca allo scoperto.

I magrebini, che battono in ritirata dal Pionta dove i nigeriani li hanno surclassati, sono ancora i padroni dei giardini della stazione, quelli del Porcinai. In via XXV Aprile tornano i nigeriani, che approvigionano il promettente mercato del vicino polo scolastico, soprattutto droghe leggere. Ci sono poi due zone del centro storico come Colcitrone e San Lorentino. Piazza Guido Monaco è in ritirata: ci sono ancora i tossici, ma di pusher sempre meno. E così sia in un supermercato dello spaccio che non chiude mai, 24 ore su 24.