Discoteca dei vip, "fatture false" Due degli indagati sono aretini

Chiesto il rinvio a giudizio per l’amministratore di fatto e tre legali rappresentanti. . Aperto un secondo fronte fiscale

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Uso o emissione di fatture false per un totale di 450mila euro nell’ambito della gestione del noto locale "Pinetà" di Milano Marittima, sul litorale ravennate. È l’ipotesi di reato per la quale la Procura di Forlì-Cesena ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro persone residenti tra le province di Ravenna e di Arezzo. Il principale accusato, secondo la ricostruzione della procura, è proprio un aretino di 41 anni anche se ormai residente a Cervia e inquadrato dall’accusa come amministratore di fatto delle società. Nei giorni scorsi l’udienza preliminare è stata fissata per fine novembre.

Oltre ad Amadori gli altri tre sarebbero figure considerate minori nel profilo dell’accusa, più o meno consapevoli di quanto accadeva nelle società in ragione del ruolo di legali rappresentanti ricoperto per periodi variabili di tempo (e uno di loro è ancora di Arezzo.

Nell’ambito delle stesse verifiche della Guardia di Finanza (Tenenza di Cervia), è stato ricostruito anche il volume d’affari del locale: questo ha portato a contestare guadagni in nero per 2,2 milioni di euro, solo materia - almeno per ora - di Agenzia delle Entrate.

Il filone poi diventato penale, si era innescato a febbraio 2020 da un accertamento fiscale delle Fiamme Gialle sul locale, dato che mancava l’intera dichiarazione dei redditi del 2017. In quel contesto erano emerse le tre fatture, tutte da circa 150mila euro l’una, emesse al 31 dicembre del 2015 e del 2016 tra le due società legate alla gestione del Pineta per arredi e locazione. Sebbene contabilizzate, non era emersa nessuna traccia degli effettivi pagamenti.

Un ulteriore particolare aveva avvalorato l’ipotesi che fossero state prodotte da una sola mano per indicare elementi passivi inesistenti e dunque dare un bel taglio alla tassazione. Si tratta di un refuso rimasto inalterato sebbene le società fossero due: ‘Millano Marittimà.

Un quadro accusatorio di fronte al quale i primi mesi di quest’anno anno era scattato un sequestro preventivo sui conti correnti societari e personali da 150 mila euro di cui 40 mila quelli recuperati.