LUCIA BIGOZZI
Cronaca

"Diecimila operai a rischio". Ordini giù, boom fallimenti. Frenata brusca della moda

Allarme da Tracchi, segretario Cgil: "Il motore sta rallentando e a volte si è fermato". Impennata di cassa integrazione ma nel 2025 i nodi potrebbero venire al pettine. "Ci vogliono nuove politiche di investimento". Manca il ricambio generazionale. .

Il numero è vertiginoso. "Diecimila lavoratori stretti nelle maglie della cassa integrazione, in molti casi alla fine, in altri casi all’inizio". E con una proiezione nel 2025 che mette i brividi. Perchè la crisi che ha attraversato l’anno produrrà effetti pure per tutto il primo semestre del prossimo e per le aziende già provate dal calo degli ordini, tenere sarà dura. Anzi durissima.

Oltre trentacinquemila aziende aretine, parte delle quali nell’affanno della crisi ormai da mesi. È il settore moda a pagare il conto più salato dopo una ripartenza velocissima seguita alla pandemia. Ma adesso il motore rallenta e in molti casi si è già fermato come rileva Alessandro Tracchi, segretario generale della Cgil. "In questo anno abbiamo registrato un’impennata delle ore di cassa integrazione, ben oltre una media del 50 per cento. La crisi della moda ha effetti a catena sull’intera filiera che comprende metalmeccanica, calzature, galvanica, pulimentatura, ma anche la logistica, la rete commerciale e la distribuzione. A livello provinciale ci sono centinaia di aziende, comprese quelle con più di quindici dipendenti e dunque più strutturate, che stanno finendo i percorsi di cassa integrazione peraltro avviati nel 2023. Ci avviamo a un 2025 nel quale, stimiamo un’estensione della crisi anche ad altri settori. Che tradotto in numeri signfica circa diecimila persone con una prospettiva precaria tra chi entrerà nel percorso degli ammortizzatori sociali, chi è dentro in questa fase, chi si avvia a completarlo e magari ha davanti lo spettro del licenziamento".

Alla mappa delle ombre lunghe calate sulle imprese Tracchi aggiunge "le avvisaglie di altri settori incamminati verso la crisi, ad esempio Abb o la stessa Fimer che è uscita dal cono d’ombra ma è tuttora dentro il percorso degli ammortizzatori sociali". Non solo: i campanelli di allarme risuonano "forte e chiaro" pure su un altro versante: "È ripreso il trend di imprese aziende che non ce la fanno e portano i libri in tribunale, per questioni legate al credito o alla sostenibilità aziendale. Noi stiamo gestendo una fase di crescita dei fallimenti o di aperture delle procedure concorsuali. E per chi porta i libri in tribunale, si stima un complessivo di 200-300 lavoratori che restano disoccupati". Il potenziamento degli ammortizzatori sociali ad hoc deciso dal governo per il leader della Cgil aretina "non bastano, servono politiche nuove che incentivino gli investimenti. Oltreutto sembra che dal decreto sulle nove settimane di cassa retroattive restino esclusi i lavoratori artigiani". Investimenti che "latitano perfino nel settore dei servizi pubblici, dalla sanità agli enti decentrati". Qui il nodo gira attorno ad un piano di assunzioni ancora in stand by.

La preoccupazione che la situazione di crisi sta innestando, secondo l’analisi del sindacato, porta con sè un altro tema: la "perdita di figure professionali nel settore manifatturiero che non verranno sostituite perchè manca il ricambio generazionale". Un danno al danno.

Un quadro su scala provinciale che ricalca "l’andamento nazionale con la crisi che sarà sempre più crisi sociale con un forte impoverimento del sistema Paese. Per questo sono urgenti nuove politiche industriali per tutelare il Paese che sul manifatturiero era ai primi posti in Europa".

Intanto qui le vertenze si moltiplicano e lo scenario del 2025 non apre prospettive di rilancio, almeno per il primo semestre. "Senza dimenticare, oltretutto, che nel nostro territorio c’è anche il tema del sommerso e quando lo solleviamo, è per tutelare le tante imprese sane che lavorano con impegno e onestà. Tuttavia è un tema che esiste e bisogna affrontarlo".