Dalla minaccia dei calzini ai ceffoni volanti Viaggio nel tempo in una scuola che non c’è più

Giornale tradotto in latino, lezioni gratis all’alba della prof terrore degli studenti. Piccole manie di docenti forse scontrosi ma sempre maestri

Dalla minaccia dei calzini ai ceffoni volanti  Viaggio nel tempo in  una scuola che non c’è più

Dalla minaccia dei calzini ai ceffoni volanti Viaggio nel tempo in una scuola che non c’è più

Claudio Santori

Viene attribuito a Socrate un aforisma che gira da tempo in rete: "Un insegnante mediocre parla. Un bravo insegnante spiega. Un ottimo insegnante dimostra. Un grande insegnante ispira". Errore, perché è di William Arthur Ward, ma, indipendentemente dall’autore, è quanto mai azzeccato. Quando penso agli insegnanti della mia adolescenza mi accorgo che, nella loro variegata diversità, erano tutti Maestri perché capaci non di insegnare bene la loro disciplina (la classica condizione necessaria, ma non sufficiente) ma di formare per mezzo della loro disciplina: capaci insomma di insegnare ognuno un diverso modo di stare al mondo.

Nella foto in prima fila da sinistra: Rocco La Spina, Guerino Lamberti (Rettore del Convitto), Adelindo Bernardini (il Paguro). Dietro: Mons. Fatucchi, Rodolfo Alberti, Tullio Mogno, Remigio Baicchi, Giovanni Gilardoni. Dietro Baicchi si intravede don Ermanno Martini, il "Gonghi". Non ricordo il nome dell’ultimo a destra. Dietro si riconosce il Nanni Giuliattini.

Indimenticabile per dottrina e stravaganze, nonché fortissimo bevitore, con una particolare predilezione per l’Amaro Lucano, Tullio Mogno impose ad intere generazioni di studenti del Ginnasio-Liceo "Petrarca" -dove fu per molti anni titolare della cattedra di Storia dell’ Arte- il culto di … Gigino, il gatto soriano dalle labbra rigorosamente nere (i gatti con le labbra rosa notoriamente erano …topi travestiti!) che troneggiava in forma stilizzata in tondino di ferro sul cofano della sua Seicento con la scritta ERIT ILLE MIHI SEMPER DEUS (recentemente sono venuto a sapere che gli era stato disegnato da uno studente oggi stimato architetto: Pierfrancesco Prosperi).

Un giorno un vigile gli fece osservazione dicendogli che quel "coso" sul cofano poteva essere pericoloso. Con insolita bonomìa e pazienza spiegò all’esterrefatto vigile che il "coso" non era un "coso" ma la sacra icona del Gatto Gigino e che quella non era una macchina, bensì il piedistallo del gatto! Veniva da Montepulciano, preceduto da una fama sinistra: la leggenda metropolitana della moglie tenuta appesa fuori della finestra e la notizia piccante del suo esonero dalla presidenza per aver malmenato uno studente (di fatto ha distribuito qualche ceffone anche al Petrarca!).

In classe si faceva il tè con un fornellino che si portava da casa. Un giorno - ormai colleghi - al cambio dell’ora disse a Monsignor Tullio Cappelli (che chiamava caro omonimo): "Io e il suo capo siamo colleghi: lui è il capo della chiesa cattolica, io di quella gattolica!". Passava gran parte dell’ora a sproloquiare di gatti e di monumenti “giginosi” e non, poi per venti minuti faceva lezione sul serio.

Alla maturità a Storia dell’Arte presi nove: non lo dico per farmi bello, ma perché rifilai al commissario pari pari gli appunti mogneschi che avevo religiosamente raccolto. Costui disse al presidente (nientemeno che il Lamanna in persona): "Questo candidato fa osservazioni insolite e pungenti!". La sua formazione era filosofica, concretizzata in un libro, "La filosofia", pubblicato da La Nuova Italia e prefato da Benedetto Croce.

Il mio maestro è stato il Baicchi non solo per competenza, ma anche per la didattica non convenzionale. A volte entrava in classe col giornale e leggeva ad alta voce un articolo, traducendolo contestualmente in latino. Poi si fermava e diceva: "Che ho detto?". Se uno rispondeva, quella era l’interrogazione. I quattro e i tre fioccavano: dava anche i voti negativi: -1,-2. Poi però al terzo trimestre quasi tutti strappavano il sei perché ci faceva studiare con piacere: sapeva trasformare il periodo ipotetico in un gioco! Una volta sbagliai un aoristo.

Mi disse: "Dimmelo giusto sennò ti faccio annusare questo calzino, e non me lo tolgo da tre mesi!". Ho studiato sempre con maniacale precisione gli aoristi primi, secondi e terzi!

Era un maestro di vita, di quelli che guidavano senza sopraffare, davano dritte senza plagiare. Facevano politica nel senso più nobile del termine, mostrandosi "cittadini": chi ha mai saputo che il Paguro era un democristiano di ferro, che il grande Erminio Cesare Vasoli (non ho mai ringraziato abbastanza la sorte che me lo ha fatto incrociare) aveva simpatie comuniste e che il Baicchi era un fervente socialdemocratico? Un altro mio maestro è stato don Martini, il mitico "Gonghi", al quale tutti hanno voluto bene. Anche il Mogno che invece detestava profondamente il Preside Abbadessa (dal Martini, come Preside, ho imparato tutto quello che si deve fare e anche … qualcosa che non si dovrebbe fare, ma si fa!).

Nell’altra foto il versante scientifico dei miei professori: Dina Locchi, Ada Setti, Erica Ferrari con il mitico Sor Artini, il tecnico di laboratorio. La Locchi ha terrorizzato fino all’attacco di panico generazioni di ragazzine, ma veniva a scuola prima delle otto per fare gratuite lezioni a chi zoppicava in matematica. La Ferrari è un’altra leggenda, una donna libera e moderna che non insegnava la matematica, ma dava lezioni di vita con la matematica: con i suoi appunti ho superato con onore matematica e fisica alla maturità (e allora non si regalava niente a nessuno). A lei si deve l’introduzione dell’insiemistica con cui ha affascinato generazioni di studenti (al Liceo Classico!).

Concludendo, professori “bravi” ce ne sono ancora tanti, ma quelli capaci di “ispirare”, insegnanti insomma che siano anche Maestri, francamente sono una specie in via di estinzione.