PIER LODOVICO
Cronaca

Da podestà a prefetto. Guidotti Mori in sella dai vertici del fascismo a dopo la Liberazione

Parabola di una figura controversa e i segni lasciati sull’urbanistica aretina. Le radici nel regime, le dimissioni, l’appoggio ai partigiani, la rabbia Cln.

Da podestà a prefetto. Guidotti Mori in sella dai vertici del fascismo a dopo la Liberazione

Da podestà a prefetto. Guidotti Mori in sella dai vertici del fascismo a dopo la Liberazione

Rupi

Se chiediamo ad un aretino di non giovane età come ricorda Guido Guidotti Mori, risponderà: "Certo, il colonnello Guidotti Mori…". Lo stigma militare di questo personaggio, una lunga carriera nell’esercito, gli è restato appiccicato addosso, insieme al riconoscimento di disciplina, senso del dovere e autorevolezza. Tra nomine di alto rilievo e scelte coraggiose e difficili. A 34 anni, Guidotti Mori, congedato dall’esercito, è nominato Rettore della Fraternita dei Laici. Resterà fino allo scoppio della prima guerra mondiale, quando viene richiamato. Dopo la guerra è nuovamente nominato Rettore, entra con un bilancio dissestato, lo lascia con notevole avanzo. Mise il timbro ad alcune iniziative culturali, come l’acquisizione di due collezioni scientifiche delle famiglie De Giudici e Fabroni, sottraendole alla dispersione.

Nel gennaio 1927 Guidotti Mori è nominato Podestà, figura appena introdotta dal fascismo e scelta dall’alto, sovrintendeva a quanto oggi è demandato a Sindaco e Giunta. Gli incarichi pubblici si sprecano: membro della Giunta Provinciale Amministrativa, della Commissione di appello per le Imposte Dirette, rappresentante dei datori di lavoro, componente del Consiglio della Banca Popolare. Nel breve periodo da Podestà, (1927-1930), la città si arricchisce di trasformazioni urbane strategiche e interessanti interventi edilizi. Dimostra di aver compreso la dimensione dei problemi di sviluppo della città, evita soluzioni estemporanee e indice il Concorso al primo Piano Regolatore Generale. Si presentano in otto, vince il "Gruppo degli urbanisti romani": tra le proposte il ribassamento della linea ferroviaria per dare a Saione continuità con il centro.

Attuando il Piano Regolatore, Guidotti Mori realizza l’apertura di via Margaritone e di via Petrarca verso ovest; si deve a lui la preziosa architettura "Liberty" che in origine, caratterizzò questa strada, scomparsa con i bombardamenti e le inconsulte trasformazioni del dopoguerra, e della quale è rimasto un solo edificio in via Petrarca vicino all’uscita del "parcheggio Fanfani". Con la parziale demolizione del vecchio ospedale, aprì verso est via Petrarca, che dovrà presto cambiar nome in via Roma per disposizione di Mussolini; il tratto successivo sarà dedicato a Crispi, qui abitava un parente dello statista; accanto all’ingresso dell’anfiteatro, resta un grazioso villino liberty fatto costruire da Ubaldo Pasqui. Con Guidotti Mori vengono realizzati i Portici, il più sontuoso edificio di Arezzo di tempi "moderni", in stile neoclassico. E in via Guido Monaco viene realizzato il palazzo delle Poste, esempio di edificio "neo-medioevale", arbitrariamente interpretato secondo i gusti dell’epoca ma che ha contrassegnato e dato identità ad un segmento della città.

Durante il periodo del Podestà Guidotti Mori sono state realizzate altre opere importanti, dal Ponte di Pratantico all’edificio scolastico della Margaritone. Guidotti si impegna anche in opere simboliche, promuovendo la realizzazione al Prato di un grandioso monumento al Petrarca, all’inaugurazione interverrà il Re. La sera prima il Vescovo Mignone andò insieme a Salmi a sbirciare sotto il telone e vedendo quella folla di nudi esclamò: "Ma questo è il monumento alla Meloria!". Guidotti Mori promuove gli scavi dell’anfiteatro, interrompendo l’utilizzo dei ruderi per ricavarne pietre da muratura, come per gli scavi davanti alla Fortezza, usati per gli edifici di piazza Guido Monaco. Intanto nella dirigenza fascista aretina scoppiano risse con alterchi e scontri, l’eco arriva a Mussolini, che telegrafa al prefetto di ignorare i fascisti aretini: Chiude con due parole: "Schifo, dicesi schifo". Non volendo essere coinvolto in questa bagarre, il 5 aprile 1930, Guidotti Mori si dimette da Podestà. Ma la stima goduta è alta e gli vengono attribuiti altri incarichi: da Presidente dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia, a Presidente della Croce Rossa, da Presidente della Sezione agricola del Consiglio dell’Economia, a Vicepresidente della Provincia. Parallelamente cresce la sua avversione al regime, prima per le leggi razziali, che ritiene aberranti, poi per l’entrata in guerra, per le condizioni reali dell’esercito ritenuta sconsiderata. A Podestà succede Tommaso Albergotti, durerà solo un mese.

Quindi sarà la volta Occhini, che continuerà nell’opera di Guidotti Mori. Nel gennaio 1941 Guidotti Mori è richiamato dal Prefetto Ristagno che lo nomina direttore della Sepral. Come "Sezione provinciale per l’alimentazione" sovrintendeva alla raccolta e distribuzione dei prodotti alimentari. Il Prefetto lo sostiene a spada tratta, anche di fronte alle critiche degli ambienti fascisti. Ma Guidotti Mori ha fatto le sue scelte, e con l’8 settembre del ’43, anche lui, fedelissimo al Re, si trova schierato dall’altra parte. Nel libro "Fuochi sui monti dell’Appennino" di Antonio Curina, capo partigiano e primo Sindaco, si legge che "Guidotti Mori appoggia con rifornimenti clandestini le formazioni partigiane". E il figlio Piero riferirà che suo padre occultò rilevanti quantità di derrate alimentari per sottrarle alle requisizioni tedesche. Mori viene arrestato dalla Milizia fascista per essere mandato in un campo di concentramento.

Ma dopo due mesi di carcere sarà liberato con altri detenuti politici. Nel bombardamento di Arezzo del 2 dicembre 1943 muore la moglie del capo della Provincia, Rao Torres, che sconvolto fa liberare i carcerati politici. Pochi giorni dopo la liberazione, Guidotti riceve dagli alleati la nomina a Prefetto, il Cln lamenta di non essere stato consultato con una lettera indignata. Ancora una volta sarà Curina a sostenerlo, ricordandone i meriti antifascisti e sottolineandone il sostegno alla resistenza. Guidotti Mori lascia l’incarico di Prefetto il 13 dicembre 1944. Morirà nel 1961, a 84 anni, e La Nazione evidenzierà che, pur non avendo mai fatto parte della politica attiva, ha attraversato la storia di Arezzo con molteplici incarichi e il coraggio di cambiare opinione per non venir meno ai suoi principi.