
La rottura della diga di Montedoglio
Arezzo, 23 aprile 2018 - Perché è crollata la diga di Montedoglio nella notte di tregenda del 29 dicembre 2010, quando per ore si temette un disastro di dimensioni epocali in tutta la Valtiberina? E’ la domanda cui si cercherà di dare risposta anche oggi nella seconda udienza di un processo che è nato quasi morto: la prescrizione scatterà entro l’estate e sarà già un successo se si arriverà alla sentenza di primo grado, prima che inevitabilmente, con l’appello, si giunga all’estinzione del reato di disastro colposo contestato all’ex direttore dell’ente delle acque umbro-toscano, committente e gestore dell’opera, Diego Zurli, e a un suo ingegnere, Stefano Cola, che quando ancora non era stato assunto come dipendente aveva ricoperto il ruolo di direttore dei lavori, con l’ente chiamato in causa quale responsabile civile.
All'ultima udienza i consulenti nominati dall’accusa (l’inchiesta fu condotta dal procuratore capo Roberto Rossi, anche se in aula si alternano altri pubblici ministeri) hanno fornito delle spiegazioni che almeno parzialmente si contraddicono. Antonio Turco, ingegnere strutturista, nominato perito anche nell’inchiesta sulla E45, ha parlato di evidente ammaloramento del cemento armato.
A suo avviso, le crepe dei due conci che sbriciolandosi provocarono la fuoruscita dell’acqua nel Tevere, provocandone la piena, avrebbero dovuto essere interpretati come segnali di un possibile cedimento. E qui siamo nel campo dell’omessa vigilanza di cui deve rispondere principalmente Zurli, come ex responsabile dell’ente. Subito dopo, però, è arrivata la testimonianza di un altro componente della commissione di esperti, Paolo Salandin, secondo il quale c’erano sì tracce di decadimento del cemento ma non tali da far pensare a un disastro imminente.
Più drammatico il racconto di Marco Mazzi, della sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri forestali, che ha parlato di una notte di disastro, con una piena di dimensioni mai viste. Nessuno in aula, nemmeno le difese, nega che i conci crollati fossero ridotti male, ma cambia evidentemente l’attribuzione delle colpe: secondol’ente delle acque e gli imputati gli errori risalgono a una fase precedente, prima che il completamento dei lavori, conclusi negli anni ’90, passasse all’Eaut. Stamani tocca ai testi della parte civile, poi dalla prossima udienza vanno in scena le testimonianze a discarico, prodotte dagli avvocati Piero Melani Graverini e Luca Fanfani. Comunque vada, bisogna fare in fretta: nel calendario stilato la sentenza è fissata per il 27 giugno.