MAURIZIO SCHOEPFLIN
Cronaca

Cristoforo Landino, un umanista casentinese alla corte dei Medici nella Firenze del ’400

Dalla Repubblica ebbe in dono il castello di Borgo alla Collina in cui è sepolto. Famiglia di Pratovecchio, gli antenati a Campaldino

Maurizio Schoepflin

Vissuto fra il 1424 e il 1498, Cristoforo Landino è stato uno dei maggiori umanisti italiani e, come fu per molti di loro, trovò nella città di Firenze l’ambiente più adatto per esprimere le sue ottime qualità intellettuali. Ma Firenze fu anche il suo luogo di nascita? La cosa non è stata ancora del tutto chiarita, e se non pochi studiosi concordano nel ritenere che egli abbia visto la luce nel capoluogo toscano, altri sostengono che sia nativo di Pratovecchio. Tutti comunque concordano sul fatto che egli abbia avuto forti legami con il Casentino: di Pratovecchio era con certezza il padre, e non v’è dubbio che il capostipite della sua famiglia abbia combattuto a Campaldino; altrettanto sicuro è che egli sia stato sepolto nella chiesa dedicata a San Donato, in Borgo alla Collina, castello che gli era stato donato dalla Repubblica fiorentina.

Inizialmente, grazie a un benefattore appartenente alla segreteria del pontefice Eugenio IV, che ne comprese le ottime doti intellettuali, Cristoforo studiò a Volterra, che lasciò nel 1439 per rientrare a Firenze, ove si mise alla scuola dell’umanista Carlo Marsuppini, Cancelliere della Repubblica fiorentina, un altro intellettuale di vaglia, nelle cui vene scorreva sangue aretino - il padre era originario della città di San Donato -, sebbene fosse nato a Genova. A Firenze Landino non tardò a farsi apprezzare e, poco più che ventenne, prese parte a un’ambasceria presso il papa. Da allora in poi furono due i suoi principali interessi: la cultura e la politica, quest’ultima coltivata con particolare abilità e notevole successo, anche in virtù dell’ accorta scelta di stare dalla parte della potentissima famiglia Medici, che non gli fece mai mancare il proprio determinante sostegno.

Nel 1458 Cristoforo sposò Lucrezia di Alberto di Adovardo Alberti, dalla quale ebbe quattro figli: Laura, Piero, Bernardo e Beatrice. Il 1458 fu un anno assai propizio per il Nostro, perché al matrimonio si aggiunse l’ottenimento della cattedra di retorica e poetica presso lo Studio fiorentino. Qui egli tenne corsi su alcuni celebri autori della latinità, quali Cicerone, Orazio e Virgilio, e con una scelta davvero originale e innovativa dedicò un anno accademico alla lettura e al commento del Canzoniere di Francesco Petrarca, contribuendo così alla valorizzazione della lingua volgare e di uno dei suoi massimi interpreti.

Parallela al lavoro di insegnante e di studioso procedette la sua carriera nei pubblici uffici, dove egli ricoprì varie cariche di prestigio. Fu lui che il 6 aprile del 1486 appose la propria firma accanto a quella di Marsilio Ficino sul codice delle Pandette di Giustiniano quale autorità che ne certificava l’antichità e con essa l’originalità, la qual cosa dimostra la profonda stima di cui godeva sia come politico che come intellettuale. Tra il 1473 e il 1474 Landino compose le importanti Disputationes camaldulenses (ancora un chiaro richiamo al Casentino!), un dialogo filosofico al centro del quale è posta la questione, molto avvertita a quel tempo, del rapporto fra vita attiva e vita contemplativa, connessa con quella dell’umana felicità. Alle dispute ambientate presso il monastero fondato da San Romualdo, oltre a Cristoforo stesso, presero parte, tra gli altri, Lorenzo de’ Medici e suo fratello Giuliano, Leon Battista Alberti e Marsilio Ficino.

Non molto tempo dopo, Landino dette alle stampe un trattato sull’anima, di evidente ispirazione platonica, e nel 1480 pubblicò il Comento sopra la Comedia, un’opera che verrà molto apprezzata nella Firenze medicea e che rappresenterà per lungo tempo un modello a cui guardare per avvicinare e comprendere il capolavoro dantesco. A testimonianza della stima che lo circondava, questo suo commento alla Divina Commedia recava un’ampia epistola celebrativa redatta dallo stesso Ficino e alcune illustrazioni del celebre pittore Sandro Botticelli.

Nel febbraio del 1498, sebbene fosse in là con gli anni e il suo stato di salute stesse declinando, fu confermato, con un provvedimento straordinario dovuto alla sua fama, nella carica di segretario della Signoria e gli fu mantenuto anche il compenso. Il 24 settembre dello stesso anno Cristoforo Landino morì, assai probabilmente in Casentino, dove, come si è detto, ebbe poi la sua sepoltura. Dal punto di vista della ricerca filosofica il Nostro non si presenta inferiore al più noto Ficino,ma si rivela addirittura in grado di dare a quest’ultimo, più giovane di lui, dei preziosi consigli. Come nel caso di altri umanisti, Landino incarnò per tutta la vita il modello dell’uomo che sa tenere in equilibrio contemplazione e azione, pur riconoscendo il primato della prima sulla seconda.

Proprio nelle Disputationes camaldulenses egli sostiene che l’azione è utile per difendersi dagli attacchi dei nemici, ma afferma altresì che soltanto colui che si dedica allo studio e alla ricerca potrà raggiungere il sommo bene. Landino è raffigurato, insieme a Marsilio Ficino, Angelo Poliziano e Demetrio Calcondila (umanista nato ad Atene nel 1423 e morto a Milano nel 1511) in un bell’affresco di Domenico Ghirlandaio situato nella cappella Tornabuoni della chiesa di Santa Maria Novella a Firenze.