Salvatore Mannino
Cronaca

Crac Mancini, parla il commissario: "Dirottò 13 milioni dalle sue aziende all'Arezzo"

Al processo per il fallimento testimonia Antonio Casilli: trasferimenti infragruppo per maxi-cifre, la più grossa i 28 girati dalla Ciet alla Mancini Group

Piero Mancini

Arezzo, 14 ottobre 2020 - Per la legge è una potenziale bancarotta fraudolenta, ma chissà se i tifosi la considerano alla stessa maniera. Perchè dal crac del gruppo Mancini emerge che il pittoresco patron e i suoi collaboratori avrebbero distratto ben 13 milioni per dirottarli nelle casse dell’Arezzo calcio, ai tempi in cui lo stesso Piero Mancini era non il presidente, ma il presidentissimo, l’ultimo vero padrone carismatico del Cavallino e anche l’ultimo aretino, prima della lunga lista di esterni che si sono alternati dopo la crisi della società amaranto di cui proprio Mancini fu all’origine con la sua decisione del 2010 di non iscrivere la squadra al campionato.

E’ uno dei risvolti a margine della testimonianza, al processo per un crac da una cinquantina di milioni che ha coinvolto tutte le società della galassia Mancini, di Antonio Casilli, il commissario nominato dopo l’avvio dell’amministrazione straordinaria.

Bene, Casilli in aula, mentre il presidentissimo fa la spola col piazzale esterno della Vela, con la solita rosa rossa all’occhiello, non può non richiamarsi alla sua relazione sullo stato di insolvenza.

Dalla quale appunto vengono alla luce una serie di trasferimenti infragruppo che la procura (sul banco dell’accusa c’è il Pm Marco Dioni) qualifica come bancarotta fraudolenta, imputati, il patron, la figlia Jessica e i principali dirigenti di quello che fu un impero esteso dai cavi telefonici (la Ciet) all’edilizia (la Mbf) e alla meccanica (la Cometi).

Stando proprio alla relazione Casilli, la Ciet impianti dirotta ben 28 milioni verso la capogruppo Mancini Group, la quale a sua volta alimenta tra gli altri Arezzo Immagine, che altro non era se non la cassaforte dentro cui stava la quota di controllo dell’Arezzo Calcio. Il tutto ovviamente non avviene in una sola soluzione, ma con varie tranches di finanziamento che si estendono lungo tutto l’arco della presidenza.

Par di capire i che col pallone, di cui era un vulcanico padrone, con fama di mangia-allenatori (ne ha cambiati ben 22, pure l’attuale Potenza con lui si sarebbe trovato a mal partito) ha bruciato una montagna di soldi.

Erano suoi, perchè era azionista pressochè unico, ma diventano una sottrazione nei confronti dei creditori al momento dell’insolvenza. I 28 milioni passati da Ciet a Mancini Group erano coperti, dice Casilli, dagli immobili posseduti da Mancini Re, che furono girati dalla capogruppo alla principale controllata, ma la procura ritiene, contro il parere del commissario, che il valore reale fosse di molto inferiore, insufficiente a coprire il trasferimento infragruppo.

E poi c’è sempre la solita storia del milione e mezzo che sarebbe stato girato a Mamcini per le sue esigenze personali, con la prova cristalizzata in un file excel. Di tutte, forse, è l’accusa più insidiosa