Contagio, i focolai che fanno paura: uno nato in nave, l'altro dopo un viaggio di lavoro

9 casi tra Cortona e Piandiscò: test negativi in un ristorante e in una casa di riposo. Albergo sanitario? I sindaci: «Non ci sono le condizioni, tutti ben isolati»

Coronavirus, prelievo dei tamponi (Crocchioni)

Coronavirus, prelievo dei tamponi (Crocchioni)

Arezzo, 6 luglio 2020 - Due focolai toscani su tre sono proprio qui e forse anche solo per questio fanno paura. Fanno paura anche se sono sotto controllo, Fanno paura anche se la «brace» sembra ormai quasi spenta. Sia il sindaco di Cortona Luciano Meoni che quello di Piandiscò Enzo Cacioli su quella brace gettano acqua. «Sono situazioni chiare e ben gestite, le famiglie sono isolate, tutte le verifiche eseguite: e i tamponi sono risultati negativi».

Anche se entrambi invitano a non abbassare la guardia, perché ancora il nemico non è battuto. Equei due focolai hanno «incendiato» il Governatore Enrico Rossi. Tanto da firmare un’ordinanza che dispone non proprio l’albergo sanitario obbligatorio ma quasi: su disposizione dei sindaci e a fronte di famiglie numerose e di situazioni nelle quali non sia possibile isolare i malati dagli stessi parenti.

Tre focolai in tutta la Toscana: uno più robusto a Impruneta, che coinvolge nove persone, e i due aretini di Cortona e Piandiscò. A Cortona l’allarme risale ormai a qualche giorno fa. Complici un funerale e una nave con alcuni positivi a bordo. Un funerale a Tirana, dove la famiglia, albanese ma radicatissima qui da noi, partecipa.

Al ritorno il viaggio in mare dalla «terra delle aquile» ad Ancona. Su quella nave spuntano alcuni positivi e a Cortona arriva l’indicazione, scorrendo l’elenco dei passeggeri, di controllare quelli partiti da qui. Due nuclei familiari, un totale di cinque persone, tutti positivi: fratelli, una delle coppie ha un bambino di un anno. Sintomi zero, ma tampone positivo.

E un brivido. Perché uno dei contagiati lavora in un ristorante del centro di Cortona. I testi si allargano ai colleghi ma anche ai clienti, secondo le regole imposte dal Covid, e scatta perfino qualche giorno di chiusura cautelativo. Ma è tutto negativo. Mandarli all’albergo sanitario? «Non ne vedrei il motivo – risponde tranquillo il sindaco Luciano Meoni – si tratta di situazioni ben circoscritte e sulle quali i controlli sono stati meticolosi».

E in effetti nè in questo caso nè nell’altro sembra valere il principio del sovraffollamento: chi c’era ormai è positivo, altri contatti non ne hanno. Situazione parallela a Piandiscò: indicata dalla Regione come una terza vicenda legata ad una comunità straniera. In realtà è una famiglia semplice (babbo, mamma e due figli) dove solo lei sarebbe originaria dell’est ma qui da anni.

Le radici? Il sindaco Enzo Cacioli non fornisce particolari ma ormai le linee sono chiare. Una coppia, entrambi al lavoro in provincia di Firenze: lei in una Rsa e lui in un’azienda alimentari. Forse fatale un viaggio di lavoro fuori regione: il tampone positivo emerge prima di un piccolo intervento ospedaliero. Risultato: tutti e quattro positivi, compresi i bambini di 3 e di 7 anni.

E soprattutto il passaggio al setaccio dei loro contatti: tutti i test anche in questo caso risultano negativi, dalla casa di riposo all’azienda. Sintomi per tutti lievi, solo uno dei congiunti subisce la perdita del gusto, una delle conseguenze del virus. Il sindaco esclude il ricorso all’albergo sanitario. «Non mi pare esistano le condizioni chieste dall’ordinanza e tutto è sotto controllo».

E’ la stessa ordinanza che prevede controlli serrati in quelle comunità etniche al cui interno i momenti di incontro siano frequenti, come è inevitabile che accada a chi viva lontano da casa. Ma entrambe le famiglie hanno ormai forti radici nel territorio: e cosa c’è meglio della terra per scacciare le paure, spegnere i focolai e freddarne la brace?