
Ivana Ciabatti
Arezzo, 10 aprile 2020 - Riaprire presto, riaprire tutti. Gli industriali mordono il freno sulla riaccensione del motore della produzione, cuore del sistema Italia e anche del sistema Arezzo. Le conseguenze del lockdown, come ormai hanno imparato tutti a chiamarlo, sono sotto gli occhi di tutti: fabbriche ferme, tranne quelle essenziali (e qui la disputa, in particolare coi sindacati, è lunga), decine di migliaia di dipendenti in cassa integrazione solo qui, il Pil a picco (quello nazionale scende già a due cifre e quello locale non dovrebbe essere troppo lontano), negozi in gran parte sbarrati, il che contribuisce alla recessione già grave.
Insieme però l’esigenza di salvare la salute, di evitare il contagio, di stare il più possibile a casa per fermare la catena di trasmissione del virus. Gli imprenditori del nord, la parte del paese più colpita dalla pandemia, ma anche il motore economico d’Italia, sono i più decisi nel chiedere di riaprire l’azienda paese, ma anche qui cominciano a levarsi le voci che sollecitano (sia pure prudentemente) un ritorno alla quasi normalità.
Ad esempio quella di Ivana Ciabatti, titolare di Italpreziosi, uno dei tre giganti della raffinazione dell’oro, ma anche presidente nazionale di FederorafiConfindustria. Lei, a dire il vero, non si è mai fermata, perchè la sua azienda è una di quelle che è andata avanti in deroga, sia pure a scartamento ridotto: un quarto della cinquantina di dipendenti, impegnato a fornire oro per la prudizione di macchinari essenziali come quelli medici e anche per la filiera farmaceutica.
«Ora però - dice la Signora dell’oro - bisogna andare oltre, bisogna andare il prima possibile verso una ripartenza che riguardi tutti, anche la moda di cui l’oro è una componente importante». Ivana Ciabatti non dà date, non entra nel dibattito del dopo Pasqua o di maggio che venivano date come possibili ipotesi di ripresa produttive ma che sono state superate nel pomeriggio dalle indiscrezioni sul premier Conte deciso a insistere nel lockdown almeno fino al 3 maggio, dopo i ponti di primavera.
Però, insiste lei, «dobbiamo dare il segnale di un modo produttivo che riparte, bisogna smentire tutti coloro che dall’estero ci fanno le condoglianze pensando che non ripartiremo più. E’ un’idea sbagliata. Torneremo e torneremo più forti di prima».
Soprattutto, la titolare di Italpreziosi è convinta che vada oltre il sistema dei codici Ateco, quello che ha stabilito quali erano le imprese essenziali e quali no: «Ormai è superato, dobbiamo pensare a una ripartenza complessiva, che coinvolga tutti. Non c’è azienda che non faccia parte di una filiera fondamentale per il paese».
Anche l’oro, che pure pare settore non essenziale per eccellenza? «Anche l’oro - risponde lei - se non altro perchè rischiamo di perdere quote di mercato in favore della concorrenza straniera. La storia che avete raccontato oggi di Gabriele Veneri cui è andata in fumo una commessa in Germania è un sempio chiaro». Certo, dice decisa, «prima vengono la salute e la sicurezza in fabbrica.
Quindi le aziende si devono dotare di tutti i sistemi necessari, le mascherine quando servono, la distanza sociale, i termoscanner per misurare la temperatura, come la mia Italpreziosi ha fatto fin dal principio. Le fabbriche del futuro saranno molto diverse da quelle del prima, dobbiamo adeguarci, altrimenti non saremmo pronti per eventuali ritorni di questa e altre epidemie»
Sui tempi, Ciabatti pensa a vari step, come Giordana Giordini, presidente di Federorafi aretina, Gabriele Veneri e Luca Parrini, di Cna e Confartigianato: «Quando arriverà il via libera, si potrà ripartire coi magazzini, la logistica, la progettazione dei gioielli. Inutile forzare la produzione.
Tanto i nostri grandi mercati, da Dubai a Hong Kong e agli Usa sono ancora chiusi. Di produrre si potrà parlare meglio quando riapriranno, magari da metà maggio in poi».