CLAUDIO
Cronaca

Cento anni fa la prima campanella del liceo Due classi, 32 alunni: tra loro Amintore Fanfani

A maggio Gentile istituisce gli scientifici ma già a febbraio era stato intitolato a Redi: da ottobre le lezioni alla Badia, in aula il futuro premier

Cento anni fa la prima campanella del liceo Due classi, 32 alunni: tra loro Amintore Fanfani

Claudio

Santori

La riforma che prende il nome dal Ministro Gentile aveva un punto di forza nell’istituzione dei Licei Scientifici, varata col Regio Decreto 6 maggio 1923, n. 1054. Cento anni fa. Ma qui avevamo giocato d’anticipo, fin da febbraio scegliendo a chi intitolarlo. Un po’ come battezzare un bambino prime della nascita? Più o meno sì. facendone uno dei primi licei scientifici d’Italia. Scopo dell’operazione era l’approfondimento dell’istruzione dei giovani aspiranti agli studi universitari nelle facoltà di scienze (matematica, fisica, chimica, farmacia, scienze naturali, ingegneria) di medicina e chirurgia e di veterinaria. Dichiarava infatti un “particolare riguardo alla cultura scientifica”, anche se apparve chiaro che il nuovo corso di studi -per allora quadriennale, e tale rimasto fino al 1945 quando col disegno di legge del 7 settembre fu portato a cinque - di scientifico aveva ben poco.

Si configurava chiaramente come scuola formativa di impianto nettamente umanistico: in pratica il versante senza greco del Liceo Classico. Tanto è vero che le cattedre di punta: italiano e latino, storia e filosofia, matematica e fisica, scienze naturali, chimica e geografia erano interscambiabili fra i due ordini di studio.

Tutt’oggi i titolari di queste quattro discipline possono passare per semplice trasferimento dall’una all’altra scuola. Una differenza sostanziale, legata alla natura profonda del neoidealismo gentiliano, e tutt’oggi pienamente operante, caratterizzava l’aspetto artistico: nel Liceo Classico la Storia dell’Arte era, ed è tutt’oggi, mantenuta su un piano rigorosamente teorico, affidata com’è ad un docente laureato in lettere o filosofia e specificamente abilitato.

Invece nel Liceo Scientifico la Storia dell’ Arte è abbinata al Disegno e deve essere affidata a docenti muniti di specifica abilitazione professionale, in alcuni casi addirittura artisti militanti. In pratica è questa l’unica tipologia di cattedra che non può passare dall’una all’altra scuola.

Con insolito tempismo furono fatti ad Arezzo i passi necessari e già il 27 settembre 1923 il professor Alberto Razzauti, docente ordinario di Scienze naturali, Chimica e Geografia, assumeva la presidenza del Liceo Scientifico di Arezzo, uno dei primi 37 ad essere istituiti in Italia.

II 1° ottobre il Ministero della Pubblica Istruzione approvava la sistemazione della nuova scuola in una parte del Palazzo di Badia (dove risiedeva allora I’ Istituto Tecnico e dove risiede oggi il “Buonarroti”) e fin dal 29 ottobre avevano inizio le lezioni. In cattedra? Sei insegnanti regolarmente nominati e in servizio: lo stesso preside Razzauti quale insegnante di Scienze naturali; Giovanni Bucci. ordinario di Lettere latine e italiane; Guglielmo Spaziani, ordinario di Lingua tedesca; Lamberto Naldini, ordinario di Storia, Filosofia ed Economia politica; Cornelio Rossi, ordinario di Matematica e Fisica e 11 Pietro Baratti, ordinario di Disegno (non suiamo riusciti a rintracciare il nome del Professore di Educazione Fisica).

Poiché gli alunni potevano provenire, oltre che dal Ginnasio Inferiore, come era naturale, anche da altre scuole (era consentita, in particolare, l’iscrizione alla seconda agli alunni che avevano frequentato nell’anno precedente con esito positivo la classe prima nell’Istituto Tecnico) si ebbero nel primo anno scolastico, 1923-24, due classi: la prima con 7 alunni e la seconda con 25, per un totale di 32 alunni, di cui 10 provenienti dal Ginnasio Inferiore, 1 dal Liceo Classico e 21 da vari Istituti Tecnici. Tra loro un giovane Amintore Fanfani, ai primi passi del suo percorso di studi.

Due parole merita l’intitolazione della nuova scuola. Giocando d’anticipo sull’istituzione ufficiale che era nell’aria, il Consiglio Provinciale nella sua adunanza del 29 febbraio 1923, su proposta del presidente Girolamo Ristori, deliberava "per acclamazione di far voti perché il R. Liceo Scientifico di Arezzo fosse intitolato al nome del grande biologo e letterato aretino Francesco Redi": la proposta fu accolta con entusiasmo.

La scelta, sia detto en passant, fu oltremodo felice poiché, nell’indicare un aretino illustre ai giovani, alla cittadinanza e a quanti sarebbero venuti in contatto, a livello nazionale, con la nuova realtà scolastica, lanciava nel contempo un preciso messaggio: quello di una scuola che non intendeva certo "mortificare gli studi scientifici" ma esaltarli con l’indispensabile apertura ad uno studio sempre più consapevole e “critico”.

Eppure superficialmente fu detto da qualcuno, che vedeva nello studio del latino e della filosofia un “impiccio” all’approfondimento della matematica e delle scienze: e la polemica, si trascinò in Italia fino a tutti gli anni Trenta. Del resto Francesco Redi è infatti maestro nell’intero arco delle discipline di questo tipo di scuola. Scienziato sullo stesso piano di Galileo (in quanto applicatore del metodo galileiano alla biologia).

Poliglotta: scontata la perfetta conoscenza accademica del latino e del greco, parlava correntemente oltre al francese e allo spagnolo, anche l’arabo, segno della sua lungimiranza, avendo capito con secoli di anticipo con chi l’Europa avrebbe dovuto fare i conti!. E ancora disegnatore (allievo della scuola di disegno di Remigio Cantagallina), letterato ed eccellente verseggiatore (se non proprio poeta: ma il suo “Bacco in Toscana” è il capolavoro della produzione lirica dell’intero secolo!).

Ma era perfino musicista (ho appurato che suonava il flauto, avendolo studiato con un maestro privato soprannominato Trombetta) e iinfine temibile spadaccino (cosa che gli dà credito anche per l’educazione fisica!).