
di Erika Pontini
Per cento anni hanno scavato la lignite nelle miniere dando lavoro anche a cinquemila persone per volta e alimentando l’energia per due conflitti. ’Quando l’Italia piange, Castelnuovo ride’, dicevano in questa valle che da una parte guarda il Chianti e dall’altra la Centrale elettrica che adesso marcia solo a gas. Prima che i nazisti, come i Pazzi, sterminassero gli uomini del ‘villaggio’. Sopravvissuto alla guerra, Castelnuovo in Avane - o dei Sabbioni, come lo chiamano oggi - non ha invece resistito allo scempio degli scavi in superficie e agli espropri, il prezzo da pagare per il boom. Intere colline, case, chiese e castelli rasi al suolo per estrarre l’oro nero, 450 milioni di metri cubi mossi in 40 anni, un lago al posto del cratere lasciato dalle ‘Bette’, ruspe grandi come dinosauri che hanno tolto alle genti la terra e un tetto, ma non la memoria.
Ma quando il sogno di far rivivere Castelnuovo sembrava ormai solo un’utopia, buona giusto per un ’pazzo’ come ’Ivo il tardivo’, sono arrivati i venti milioni del Piano di ripresa e resilienza che serviranno per realizzare un albergo diffuso, la casa degli artisti, un museo di arte contemporanea e residenze per giovani coppie, oltre che botteghe dei vecchi mestieri e attività commerciali che andranno a comporre il mosaico di interventi che vedono già finito il Museo minerario e, almeno in parte, la casa della Memoria. Proprio accanto alla rupe dove la furia tedesca uccise 74 uomini. Padri, mariti e figli. Tassello del più ampio progetto della Cavriglia del domani pronta a investire qualcosa come 150-160 milioni attraverso più linee di finanziamento per il recupero dell’intera area, compreso un parco dello sport con tanto di golf e padel ma in una dimensione più sociale. Non sul modello del Chiantishire.
E oggi il Covid – che ha fatto piangere il mondo intero – ha restituito il sorriso a questa terra di esuli. Un’altra guerra, il simbolo ancora di un contrappasso.
’La Nazione’ è andata dentro il borgo distrutto sù per le scale di pietra crollate, attraverso strade diventate giardini segreti fitti di rovi, in riva al lago nato per nascondere il cratere. Come fosse Ground zero: in quello specchio d’acqua c’erano le abitazioni. Un’atmosfera da paese terremotato: i tetti crollati, i bagni ancora integri, compresi i vasini di plastica colorati lasciati dagli ultimi bambini che lo hanno abitato. E ovunque gli anagrammi di Ivo. O ciò che ne rimane. C’erano quattromila persone nei tempi d’oro, quasi duemila quando l’Enel negli anni ’60 iniziò a comprarsi vite e case. L’ultimo abitante ad andarsene nel ’70 fu Rambaldo Macucci. Poi calò il silenzio scandito dal rumore del fiume. "La voce di Dio", disse il parroco Ferrante Bagiardi. Bisogna fermarsi un attimo per ascoltarlo. Lo sentì Aldo Dini, 17enne: prima che le mitragliatrici dei tedeschi iniziassero a fare fuoco corse a perdifiato e si salvò scomparendo nelle acque nel luglio del ’44.
"C’è stata ricchezza per tanti anni, l’Enel pagava bene. Ma oggi tutto questo non sarebbe potuto accadere" racconta Mario Tinacci, 74 anni che lavorava dentro le miniere. E ora seduto nella casa della ’nuova’ Castelnuovo costruita in fretta e furia per gli operai ha gli occhi lucidi. "Ci tornerei a vivere anche subito".
"E’ una terra che ha vissuto con il carbone e rinascerà grazie a progetti green", spiega Leonardo Degl’Innocenti Sanni. L’ultimo sindaco, da due legislature. Che, a differenza di quanto accade in altri Municipi, la gioia della vittoria dei fondi Pnrr l’ha condivisa con i predecessori. "Ci siamo sentiti e ci vediamo sempre assieme". Per camminare attraverso un pezzo di storia e passarsi ogni volta il testimone. "Per il Valdarno è un rinascimento: non ci saranno solo benefici immediati in termini di occupazione (anche mille addetti nella fase di realizzazione) ma prospettive, benessere e lavoro". Oggi ho ricevuto telefonate emozionanti da parte di cittadini costretti a subire le tragedie degli eccidi nazifascisti, di donne che hanno continuato a vivere nel luogo dove hanno visto massacrati padri, mariti, figli". Torneranno forse per rinnovare un patto scritto con il sangue.