
di Roberto Bertoncini
Lo scenario è di quelli che fa riflettere. È letteralmente triplicato il numero delle persone che il centro Caritas di San Giovanni Valdarno si è trovato ad aiutare in questi mesi di emergenza sanitaria. Un dato che indica chiaramente l’impatto che la pandemia ha avuto anche a livello economico nella quotidianità di molta gente. "Solitamente facevamo circa 40-50 spese, ma la nostra attività era principalmente incentrata nella distribuzione di vestiti, oltre che far fare le docce a chi è senza fissa dimora – racconta don Andrea Gargareschi – L’arrivo del lockdown ci ha colto di sorpresa, a marzo siamo rimasti chiusi per una settimana, ma dal momento della riapertura siamo passati da quelle 3-4 persone servite al giorno ad aiutare mensilmente circa 150 nuclei familiari". Un incremento caratterizzato da due aspetti: il numero di persone che si rivolgono al centro per la prima volta e quelle che proprio in questi mesi vi hanno fatto ritorno a distanza di molto tempo. "Ci siamo accorti che ci sono nuove persone che si sono trovate nella necessità di affacciarsi alla Caritas, anche italiani che prima non ne avevano bisogno e che ora per vari motivi faticano ad arrivare a fine mese - spiega don Andrea – Il problema è che abbiamo avuto anche quelli che chiamiamo "poveri di ritorno". Si tratta di persone che dopo aver ricevuto il nostro aiuto, sono riuscite a sistemarsi, trovando un’occupazione e il modo di far fronte alle spese. In questo periodo abbiamo rivisto gente che non sostenevamo più già da quattro, cinque anni che però sono tornate perché magari hanno perso il lavoro e non hanno più soldi da parte".
Al momento la Caritas riesce a distribuire ad ogni nucleo familiare due pacchi viveri al mese, uno ogni quindici giorni. La maggior parte delle persone riesce a sostentarsi con il primo rifornimento, qualcuno ritorna anche alla seconda distribuzione. Il centro è aperto la mattina dal lunedì al venerdì, con due aperture pomeridiane al mercoledì e al venerdì, un modo per aiutare più gente possibile. "La pandemia ci ha portato a una riorganizzazione – spiega don Andrea – I nostri volontari sono piuttosto anziani, quindi a quelli più in là con l’età gli abbiamo chiesto di rimanere a casa, mentre ora ci aiutano i neo pensionati e i giovani dell’oratorio, ma anche diverse insegnanti si sono proposte per darci una mano quando possono".
La gran parte dell’approvvigionamento avviene grazie alla fornitura del Banco Alimentare della Toscana, rendicontato sulla base dell’Isee delle persone che la Caritas registra. Non c’è una grossa differenza tra il numero di immigrati e quello degli italiani, una tendenza che secondo don Andrea va avanti già da qualche anno, una forbice che la pandemia ha fatto restringere. L’emergenza ha dunque colpito tutti, senza distinzioni, ma fortunatamente ha anche saputo stimolare il buon cuore di molti. "C’è stata una grande mobilitazione da parte dei sangiovannesi, sono state tante le donazioni che abbiamo ricevuto e che fortunatamente proseguono tutt’ora – sottolinea don Andrea - Grazie a loro e alle raccolte effettuate dalla Coop due, tre volte l’anno, riusciamo a aiutare anche chi non ci porta tutti i documenti necessari per accedere ai viveri forniti dal Banco. Ho visto tanta generosità, come quella di una piccola pizzeria a taglio gestita da stranieri che ci ha chiamato per portare nel fine settimana dieci pizze grandi a casa di chi ha bisogno, uno dei gesti più belli generato da questa pandemia".