"Cambieremo la chiesa in otto mesi": Fontana apre il Sinodo, in 500 al lavoro

«Basta clericalismi, rivoluzione parrocchie, dialogo coi non credenti». Il Vescovo propone l'apertura di un processo di beatificazione per i sacerdoti martiri, in testa don Lazzeri e don Tani

Fontana apre il Sinodo

Fontana apre il Sinodo

Arezzo, 9 aprile 2018 - «Chi vota a favore?»: anche il Vescovo si alza in piedi come gli altri. E’ l’impronta del Sinodo, una navata dove in 500 (un po’ meno, una settantina erano assenti e non tutti giustificati...) tra laici, sacerdoti, monsignori e suore sono tutti allo stesso livello. Una testa, un voto, si direbbe in modo laico. Fin dal primo giorno, quando però c’è da votare solo l’ordine dei lavori: l’unanimità è facile e invece c’è perfino un contrario di prestigio, don Vittorio Gepponi. Lavori serrati: perché il Vescovo vuole cambiare la chiesa in otto mesi.

Da qui a giugno le riunioni dei circoli minori, una decina di «padri» ciascuno, sparsi per tutta la diocesi a commentare e cambiare i contenuti iniziali. Tra luglio e il 7 agosto, lo spazio più risicato in assoluto, la sintesi dei circoli maggiori. Il 15 e il 16 settembre tutti di nuovo insieme per votare ed emendare i vari documenti. Il 9 dicembre il voto finale. Più una gara di velocità che una maratona, in perfetto stile Fontana.

Che ieri ha lanciato l’evento storico (da 80 anni non c’era un sinodo ad Arezzo) con un’omelia in Carttedrale drastica. «Scegliamo di riprendere il dialogo con tutti, anche con i non credenti»: quindi finora quel dialogo un granché non c’era stato. E poi i suoi pallini.

«Abbiamo fatto prevalere il moralismo rispetto alla Parola, rimarchiamo il distacco dai beni materiali e la coerenza al Vangelo». E il nodo del laicato. «Ci siamo abituati ad una chiesa clericale, i laici li vorremmo esecutori di ciò che altrove è stato deciso». Come dire: il laico arriva dove non arriva il prete. Fontana sussurra per ora, e forse presto griderà, il suo no. Ma a questo punto vale un voto, almeno fino a quando le conclusioni non torneranno alla sua valutazione.

Mentre per i parroci si profila la rivoluzione che l’«Instrumentum Laboris» (è un Sinodo, un po’ di latino non disdice...) fa filtrare da tutte le parti: le unità pastorali, parrocchie unite tra loro a tutto campo. I limiti ai sinodali: pare che tra le proposte ci sia addirittura quella di portare tutte le Cresime in Cattedrale, e qui i no cominceranno a fioccare. Ma poi il dialogo con la cultura, il ritorno al Vangelo.

«Non lo sfogliate, studiatelo» esclama don Dario Viganò nella relazione iniziale. S.Domenico sembra un’aula di Concilio («ma durerà meno o costerebbe troppo» scherza Viganò), 500 sedie laterali. In ballo l’identità della chiesa del futuro. «I preti sono in mezzo a voi, siete pari per il battesimo»: suona rivoluzionario, è solo il concilio mai applicato. In ballo questioni concrete: come riavvicinarsi a separati e divorziati («alberi che si sono inariditi e non vanno trascurati» dice il testo un po’ freddino), il ritorno alla Messa, l’impegno politico, la crisi dell’Azione Cattolica, il riposo festivo.

Parte con un appello del Vescovo: che il Sinodo lanci la richiesta di una causa di beatificazione sui sacerdoti simbolo. Alcide Lazzeri, l’eroe di Civitella, Giuseppe Tani, Giuseppe Torelli, Domenico Mencaroni, Francesco Babini e Giuseppe Rocco. Quasi tutti martiri la cui storia si è incrociata con il nazismo. Per ora la proposta non la mette ai voti: forse nel rischio che la gente non si limiti ad alzarsi in piedi ma per l’entusiasmo salti sulle sedie.