Camaldoli, gli alberi tagliati rimarranno nel monastero

Parte l’intervento: il legno sarà utilizzato per gli arredi e i sentieri nel bosco. Operazione in tree climbing, esperti saliranno acrobaticamente fino alla chioma

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di Sonia Fardelli

Tecnica di tree climbing e recupero del legno per la messa in sicurezza della corona di abeti bianchi intorno al monastero di Camaldoli. I lavori dovevano partire questa settimana, ma la neve, che ha raggiunto gli 80 centimetri di altezza, ne ha fatto slittare l’inizio ai primi di febbraio. Il progetto, presentato dal Reparto Carabinieri Biodiversità di Pratovecchio al Ministero dell’Ambiente, ha già ottenuto importanti finanziamenti. E presto si potrà procedere con i lavori per mettere in sicurezza l’eremo e i tanti sentieri turistici che da qui partono e ogni anno sono frequentati da numerosi escursionisti.

Delle 242 piante di abete bianco fatte esaminare con una sorta di "tac" per gli alberi è risultato che 55 sono in condizioni precarie e che da un momento all’altro potrebbero schiantarsi al suolo, come alcune tra l’altro hanno già fatto. Il finanziamento del Ministero consente di fare un’indagine approfondita sui patriarchi verdi di Camaldoli. Le piante sono state catalogate, misurate, georeferenziate ed è stato valutato lo stato di salute di ognuna. 55 piante presentano segni tali da far ritenere che il fattore di sicurezza naturale dell’albero si sia ormai esaurito. Per rimuoverle sarà usata la tecnica del tree climbing: un’arrampicata che consente di accedere alla chioma passando da un ramo all’altro imbragati al suo interno. Specialisti taglieranno i rami e il tronco a piccoli pezzi.

Per evitare il rischio che cadendo possano danneggiare la cinta di mura che circonda l’eremo. Il legno degli abeti non lascerà completamente la zona dell’eremo. Sarà infatti utilizzato per gli interni del monastero ed anche per abbellire gli spazi esterni e dare conforto ai tanti fedeli e turisti che arrivano in ogni stagione. Gli stessi monaci camaldolesi hanno poi sempre avuto un grande rispetto, quasi una venerazione per l’abete bianco, considerato anche simbolo della spiritualità.

Nei secoli quando si occupavano loro stessi della gestione della foresta li hanno sempre tagliati con parsimonia e sempre cercando di non sprecare nessuna parte della pianta. Dalla creazione di corone con i rami di abete, fino alla realizzazione di oggetti per l’arredamento dell’eremo. Le piante abbattute saranno sostituite con altre create con i semi presi da questi abeti bianchi secolari per garantire la conservazione genetica. I carabinieri del Reparto Biodiversità di Pratovecchio, in accordo coi monaci e col sindaco di Poppi, hanno già proceduto ad una graduale sostituzione di alcune piante.

E per proteggerle dagli ungulati è stata realizzata una recinzione in legno e rete metallica. Gli abeti disposti a corona intorno all’eremo furono messi a dimora nella prima metà del 1800 dopo un taglio a raso in epoca napoleonica, hanno circa 180 anni. A preoccupare gli esperti e a richiedere l’abbattimento di 55 piante non è stata però l’età, ma lo stato fitosanitario poiché c’è un problema legato al marciume radicale da cui dipende lo stato di deperimento, spesso non visibile ad occhio nudo, che determina sradicamenti o stroncamenti con neve e forti venti insieme.