
di Giustino Bonci
Nel calcio che ammaina in fretta le bandiere, le sue oltre 300 presenze in maglia montevarchina tra campionato e Coppa Italia, sono da Guinness dei Primati. Vinicio Brilli, tuttavia, non è solo un uomo di sport, prima difensore di tempra e poi istruttore delle giovanili. E’ piuttosto un simbolo identitario di attaccamento ai colori e un esempio per la comunità. Classe di ferro 1957, ha festeggiato di fresco il mezzo secolo dall’esordio in prima squadra, a soli 16 anni. Preludio ad una carriera quasi sempre tra i professionisti. "Come accade spesso – racconta – le svolte della vita nascono per caso. Era il 20 agosto 1973 e avevo iniziato la preparazione con la Berretti. Rientrato a casa, mia madre parlò di una telefonata ricevuta dalla sede aquilotta. Igino Bonciani, non dimenticata colonna della segreteria, aveva chiamato invitandomi ad andare al campo e di portare solo gli scarpini da gioco. Sorpreso, corsi allo stadio e per poco non svenni sapendo che Rino Marchesi, il mister qualche anno dopo al timone della Juventus, mi aveva convocato con altri calciatori per l’amichevole del Montevarchi con il Perugia, all’epoca in B. Immaginate l’emozione di indossare quella casacca per un sedicenne, nato sì a Pietraviva ma diventato montevarchino all’età di tre anni per il trasferimento della famiglia".
E a permettere a Vinicio di coronare il sogno di ogni bambino del posto, cresciuto a pane e pallone nelle piazze, nelle strade e all’oratorio fu la casualità: alcuni titolari rossoblù, militari a Bologna in Compagnia Atleti, non erano stati autorizzati a rientrare in Valdarno per una gara precampionato, per quanto importante. Ergo, largo alle nuove leve. "Non stavo nella pelle, già contento di andare in panchina, e invece nell’intervallo Marchesi mi fece scaldare. A inizio ripresa, quindi, si avvicinò dicendo: ‘Biondo, e allora lo ero – tocca a te’. Una gioia infinita". Fu la prima pagina di una storia che, forse diventerà un libro.
Come la sua marcatura implacabile, in un incontro con la Fiorentina B, sul bomber Claudio Desolati. Prova memorabile che gli fruttò poco dopo l’esordio in Coppa Italia, a gennaio ‘74, con l’Olbia. Il primo di più di 300 gettoni. Non giocò solo nella sua terra ma anche ad Alcamo, Savona, Avezzano e Città di Castello, prima di avviare la seconda esperienza sportiva nella sua terra da tecnico del vivaio, per 18 – 19 anni, contribuendo a trasmettere alle tante formazioni allenate i valori sani di un pallone che profumava di buono.