Trecento accessi in 30 aperture. Sono i numeri del centro diurno per senzatetto e bisognosi gestito dal 2015 dalla Fraternità Federico Bindi. Dietro ai numeri, che sono anche quelli di lavatrici, docce e barberia, distribuzione di colazioni e indumenti, ci sono i volti e le storie di tante persone in difficoltà. Stranieri e aretini. Padri separati, persone che hanno perso il lavoro, donne sole.
Cristiano Rossi, presidente della Fraternità qual è la situazione?
"Da ottobre ad oggi abbiamo registrato, nell’arco di 30 aperture, circa 300 accessi al centro diurno, nei giorni di martedì e mercoledì mattina e giovedì pomeriggio, con oltre 100 docce erogate, più di 50 lavatrici effettuate, 50 servizi di barberia, oltre a colazioni e distribuzione di indumenti e scarpe. Il Centro diurno ci consente di incontrare le persone, ascoltare i loro bisogni, le loro storie: cerchiamo di essere un presidio di comunità e questo ci ha consentito di poter aiutare persone che hanno incrociato il nostro cammino, anche con la ricerca del lavoro e costruendo percorsi di autonomia".
In questo senso anche l’esperienza della casa condivisa?
"Oltre al Centro diurno la Fraternità gestisce tre co-housing in cui attualmente accogliamo 20 persone che vivevano per la strada: nella Casa Federico di via Chiassaia ospitiamo 8 persone, alcuni anche in situazioni di emergenza; nella Casa Federico di via Varchi trovano accoglienza 7 persone; nella Casa Mamma Grazia di via Benvenuti trovarono riparo 5 donne di varia nazionalità".
Di cosa c’è più bisogno?
"Del supporto umano, materiale e spirituale di tutti, soci, volontari, simpatizzanti, benefattori, anche perchè le spese di gestione di tre case e un centro diurno, comportano grande impegno economico. Chiunque può farsi avanti contattandoci su Facebook o con una mail. In primis cerchiamo la collaborazione umana e persone che vogliano dedicare tempo agli altri".
Chi si rivolge al centro diurno?
"Italiani e stranieri. Persone che dormono in strada e vengono da noi per farsi una doccia, chiedere un vestito o farsi barba e capelli. Quando escono ripuliti tornano ad avere la loro dignità e questa è la cosa che ci dà più soddisfazione. Immaginiamoci cosa significa dormire fuori anche solo una notte senza acqua e servizi di base. Quando vengono qui tornano ad essere persone. Ci sono tanti italiani, nord africani, pakistani, tante nazionalità".
Quali le storie più significative?
"Siamo riusciti ascoltando le persone a costruire percorsi di fiducia, a ridare motivazione nel cercare lavoro. Come nel caso di un signore italiano che frequenta il centro da alcune settimane e grazie ad aiuti di servizio e supporto logistico, è riuscito a ritrovare lavoro dopo che lo aveva perso. Ma aiutiamo anche italiani con situazioni di separazioni e allontanamento dalla famiglia che porta forte disagio. Siamo in qualche modo la famiglia che non hanno".
Cosa manca alla città?
"Un centro di prima accoglienza permanente, un dormitorio fisso diventerebbe per il Comune un presidio di sicurezza".