
Roberto Lodovichi, presidente dei cuochi toscani
di Dory d’Anzeo
Una foto pubblicata sui social ha scatenato il polverone: al ristorante ‘Mani in pasta’ di via Guido Monaco ci sono persone che mangiano e bevono sedute al tavolo, come se niente fosse. Le cose non stanno proprio così: il locale, in questo momento, offre il servizio di mensa aziendale per i calciatori dell’Arezzo. Una possibilità prevista dalle norme attualmente in vigore, che i fratelli Lodovichi, proprietari del locale, hanno colto pur di continuare a lavorare.
Tuttavia, nonostante la piena regolarità dell’attività, per alcune ore il locale è stato nell’occhio del ciclone, fino a quando la verità delle cose non è venuta a galla.
"Trovo davvero spiacevole che in questo momento – spiega Roberto Lodovichi che è anche il presidente dell’associazione cuochi della Toscana – ci sia chi va a stuzzicare la disperazione della gente. I ristoranti non lavorano da mesi, andrebbero sostenuti. Invece ci si attacca a questi pretesti pur di creare polemica, per cosa? Per un like alla foto?"
Tra le accuse mosse, una volta chiarito come tutto fosse regolare, c’è stata anche quella di ‘ostentare’ il fatto di poter lavorare, con le vetrine illuminate e gli avventori in vista
"Cosa dovremmo fare, nasconderci come ladri? Chiariamo una volta per tutte. Facciamo servizio mensa, per ventiventicinque persone che vivono spesso in appartamenti o pensioni dove non c’è nemmeno la cucina. Non c’è nessuna ostentazione, offriamo un servizio a dei ragazzi che dovranno pur mangiare. Oltretutto, parliamo di professionisti che fanno tre, quattro tamponi a settimana. Infine, facciamo delivery, perciò siamo al ristorante anche per evadere gli ordini dei clienti che sono a casa. Dobbiamo farlo al buio?"
Come si spiega tutto questo polverone? "Quando alle persone togli le certezze, soprattutto su lavoro e salute, gli animi si surriscaldano e non mi pare corretto soffiare su queste emozioni. Ho provato a scrivere all’autore del post, finora non ho avuto risposta. Gli ho chiesto se si rendesse conto di giocare con la disperazione della gente. Da un anno a questa parte non gira un soldo. Oltretutto, se qualcuno pensa che con il servizio mensa si guadagni, ha una concezione distorta della realtà".
"Sapevo - prosegue Lodovichi - che non avremmo lavorato con il catering, infatti non sono riuscito a rinnovare il contratto a sessanta collaboratori. Ci siamo spostati da Saione a Guido Monaco per essere più visibili. In questo modo riesco a sostenere nove persone che, anziché stare in cassa integrazione, vengono a lavorare. Attenzione: quando parlo di sostenere non intendo dire che a queste nove persone riesco a garantire uno stipendio intero. Grazie a quelle poche ore di lavoro, i miei dipendenti non sono totalmente in cassa integrazione. Convertirci al servizio mensa ha voluto dire semplicemente continuare a lavorare e stare a galla, in attesa di tempi di migliori".
È anche un spinta a livello psicologico "Assolutamente sì. Stare in casa senza far niente è deprimente. Continuare a lavorare, anche se più che guadagnare serve a contenere le perdite, tiene la mente impegnata. E pazienza se tutti i giorni ci rimetto qualcosa, faccio vedere chi sono. Appena si potrà, ripartirò con quello che so fare".