Salvatore Mannino
Cronaca

Capitale della "cultura": Arezzo quinta in Italia grazie all'oro e alla moda

Il rapporto Symbola, presentato davanti al ministro Franceschini, valuta anche la creatività applicata alll'industria e lì siamo primi. Secondi per occupazione del settore

Gioielli nella vetrina di una gioielleria (foto di repertorio)

Arezzo, 11 dicembre 2019 - Ohibò, l’avreste mai pensata una classifica in cui Milano capitale dell’industria culturale, dell’editoria, della lirica, del teatro, avesse alla calcagna proprio Arezzo? E l’avreste mai immaginata una graduatoria in cui Firenze, la splendida Firenze letteralmente invasa dai turisti, con i suoi capolavori d’arte, stesse alle spalle dei Botoli Ringhiosi di Dante?

Andate a leggervi allora il rapporto Symbola, presentato appunto a Milano lunedì, alla presenza del ministro dei beni culturali Dario Franceschini. Come a dire che non è esattamente l’ultimo degli studi, quelli che si liquidano con un’alzata di spalle e un mezzo sorriso di compatimento. Milano capitale della cultura, titolano i lanci di agenzia, e non sorprende, così come non sorprendono il secondo posto di Roma e il terzo di Torino. Appena più clamorosa la quarta piazza di Siena, che bene o male è una grande meta turistica. Ma il quinto di Arezzo, della quale lamentiamo sempre le lacune culturali?

Bè, l’inghippo nel rapporto Symbola, l’associazione guidata dall’ex presidente di Legambiente Ermete Realacci, che ha lavorato spalla a spalla con Unioncamere, c’è eccome, ma va tutto a nostro vantaggio. Eh sì, nonostante una decina di stagioni teatrali, nonostante i festival più o meno prestigiosi di arte e letteratura, nonostante le rappresentazioni estive del melodramma ottocentesco, nonostante un patrimonio storico che da solo basterebbe a fare la gloria d’Italia (Carducci dixit), questa città e questa provincia non ce la farebbero mai a stare alla pari (e anche meglio) delle metropoli se non fosse per i due punti di forza del suo sistema economico, ovvero l’oreficeria e la moda.

Perchè la classifica ha questo di particolare, che non considera solo la cultura in senso stretto, ma tutto quello che è creatività, in senso lato. Inutile dire che in tale accezione il design di un gioiello o quello di un capo di moda creativi lo sono per definizione. Succede, dunque, che metà, forse due terzi del Pil dell’economia aretina finiscano dentro la graduatoria di Realacci & C. a piedi pari. E probabilmente non c’è sistema produttivo in Italia che abbia lo stesso rapporto fra economia creativa ed economia totale. Con il risultato che Arezzo scala posizioni su posizioni, anno dopo anno.

Ormai è una costante del rapporto Symbola da quasi un decennio che i Botoli Ringhiosi stiano nella cinquina di testa. Un po’ di numeri allora. Se a Milano la «cultura», con le virgolette per capire che non è intesa in senso stretto, pesa per il 10 per cento sul valore aggiunto complessivo del sistema produttivo, ad Arezzo tale rapporto non è molto lontano, il 7,9, appena sotto Siena all’8,8, ma di uno 0,6 superiore a Firenze (sesta con il 7,3). Attenzione però alla torta complessiva dello studio di Symbola dove alla «Core cultura», cioè alla cultura in senso stretto, intesa come industria culturale, patrimonio storico-artistico, arte vera e propria, si affiancano i «creative driven», ovvero i settori nei quali le imprese utilizzano creatività assimilabile al genio individuale.

Bene, una collana d’oro, un paio di scarpe, una borsa di Prada o un abito non saranno capolavori (a volte lo sono) ma vengono prodotti grazie alla fantasia di chi li pensa. Il sistema Arezzo, dunque diventa cultura tout court. Basta guardare qualcun’altra delle classifiche del rapporto. A Milano la cultura in senso stretto pesa per il 7,6 per cento, la creatività applicata all’industria per il 2,5. Qui, è esattamente il contrario: il 2,4 alla cultura e il 5,5 alla creatività, che è la cifra più alta di tutto il paese. Non è un caso che Arezzo sia seconda solo alla capitale morale per occupati del settore culturale, l’8,9 del totale: ci rientrano tutte le imprese di gioielleria e di moda, meno i lingotti. Lì sì che di creativo c’è ben poco.