Arezzo, c’è una città nel pallone Se vince stop a via Roma e via Crispi

Già decisa la chiusura del traffico per gli eventuali caroselli. Maxi-bandiere condominiali nei quartieri

Arezzo, c’è una città nel pallone  Se vince stop a via Roma e via Crispi

Arezzo, c’è una città nel pallone Se vince stop a via Roma e via Crispi

di Alberto Pierini

AREZZO

Non si accontentavano di una bandiera: volevano il bandierone, un po’ come quello cantato da Elio. E sventolando il bandierone la città si avvicina allo stadio. La festa è lì, tenuta sotto controllo per motivi scaramantici, perché Napoli non inizia e non finisce con il Vesuvio. Ma è appena sotto il tappo di un entusiasmo che si taglia con il coltello.

Una città nel pallone, pronta a gridare la sua gioia. La febbre del calcio si risveglia e si risveglia di colpo dopo anni di letargo. Da anni non si vedevano le bandiere amaranto sventolare dappertutto. Da anni eravamo nelle retrovie a masticare amaro. Basta superare lo scoglio della Pianese per riannodare i fili di una storia.

Le reti, i palloni, i gol sono allo stadio. Ma intorno c’è una città che aspetta. Perfino sotto traccia delle delibere del Comune. Una su tutte, quella che disciplina il traffico di oggi. Una sequela di punti certi, quelli che ad ogni partita accompagnano l’arrivo dei pullman delle squadre avversarie, il parcheggio a ridosso del campo verde, la circolazione all’uscita. Ma una scossa nelle ultime righe.

In caso di vittoria dell’Arezzo, il risultato che manca per coronare il sogno promozione, "dal termine della partita e fino alla fine dei festeggiamenti è istituito il divieto di transito dei veicoli in via Roma e via Crispi". Tutti. "Inclusi autobus, taxi, polizia, mezzi di servizio, emergenza, nettezza urbana e veicoli elettrici ed al servizio di persone diversamente abili nelle corsie a loro riservate e nelle strade che vi si immettono". Cinismo? No, un modo di mettere in sicurezza tutti ove la festa esplodesse davvero. Non solo: a quel punto sarebbe anche interrotto l’accesso delle auto da piazza della Repubblica in via Guido Monaco, quindi dalla stazione in su.

I caroselli, bellezza. Gli ultimi corposi sono stati un paio di anni fa ma colorati di azzurro, per la vittoria della Nazionale agli Europei. In quella occasione il centro si bloccò davvero, assistendo a curiosi fenomeni: la scalata ai semafori, ad esempio, o i passeggeri sul tettino delle auto. Per risalire ad un carosello amaranto c’è da tornare indietro di cinque anni. Al maggio del 2018, in quel caso era la salvezza: la grande barba di Moscardelli in testa al pullman di ritorno, la corsa delle auto.

Ma per risalire ad una promozione il balzo indietro è quasi di venti anni, alla promozione firmata da Mario Somma nel 2004. Oggi la grande occasione.

Da allora il mondo è cambiato. C’erano ad esempio i bar con la diretta via radio, quella che oggi è quasi proibita per le emittenti complici i costi dei diritti. C’era chi aveva gli schermi, c’era un calcio che ancora correva sulle strade invece che sui pollici un po’ freddini dei televisori casalinghi. C’erano le bandiere alle finestre.

E ci sono ancora. Timide fino a qualche giorno fa, più convinte da ieri. In via Vittorio Veneto ci sono terrazze di famiglie diverse unite dallo stesso striscione: parte da casa Rossi e arriva a casa Bianchi (inutile dire che sono nomi di fantasia, poca fantasia...). Sembra poco ma equivale a uscire di casa, mettersi d’accordo con i vicini, andare oltre il singolo pennone. E così sta succedendo in tanti altri angoli della città. Di bandiere ne sono state vendute tante, la maggioranza sventolerà dagli spalti dello stadio. Ma poi da lì tracimeranno. Forse.

La scaramanzia non si discute, la festa è in fondo ad una rete. Oltre che nel paragrafo finale di un’ordinanza del Comune.