Caporalato, zone d'ombra anche nelle valli aretine

Lo dice il V osservatorio sulle agromafie della Cgil. Coldiretti: "Qui nessuna emergenza, ma troppe cooperative che assoldano raccoglitori"

caporali

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Arezzo, 20 maggio 2022 - Cortona, San Giovanni, Sansepolcro, Badia Tedalda, Poppi, Pratovecchio, Ortignano Raggiolo. Sarebbero questi i territori della provincia di Arezzo dove si annida il caporalato agricolo. Non solo la Sicilia quindi, capofila del fenomeno nel Sud del paese. E’ il risultato della ricerca, effettuata dal V Rapporto agromafie e caporalato, a cura dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil. Uno studio che ha puntato il dito sullo sfruttamento lavorativo nel settore agro-alimentare e sulle criticità dei rapporti di lavoro dovute a contratti ingannevoli e a raggiri a danno dei lavoratori, anche in Toscana. Con Arezzo infatti ci sono anche la provincia di Firenze e il Mugello, a Grosseto l’Amiata, Marina, Scansano solo per dirne alcune, a Livorno preso come caso di studio, Venturina, San Vincenzo, Castagneto Carducci, Donoratico, in provincia di Siena tra le altre la rinomata area del Chianti. Sotto la lente dello studio tutto il centro Italia e anche l’Umbria con la provincia di Perugia in testa e la zona del Trasimeno. In Toscana sono state individuate 27 aree incriminate. Centinaia poi i braccianti agricoli assunti in modo irregolare in Toscana, scovati in seguito ad un’inchiesta delle scorse settimane della Guardia di Finanza di Piombino che ha indagato il caporalato in agricoltura sul territorio regionale. E se la zona nord resta indenne dal caporalato, quella sud che comprende Arezzo, si trova colpita dal lavoro nero. Nella mappa redatta dall’osservatorio Flai Cgil ci sono infatti anche le valli aretine. L’osservatorio punta il dito soprattutto sulle produzioni di frutta e ortaggi, ma anche del vino con la raccolta dell’uva.

“Facciamo buste paga per mille aziende agricole, 30mila cedolini l’anno, per una media di circa 7mila lavoratori. In questo momento siamo a conoscenza di una sola vertenza attiva, si tratta di una rivendicazione legata a questioni di orario. E poi ci sono un paio di controversie di aziende con due lavoratori che avranno una soluzione non legata ad una causa di lavoro. Numeri microscopici”. Parola di Raffaello Betti Direttore di Coldiretti Arezzo che interviene sul tema del caporalato e dello sfruttamento dei lavoratori agricoli. “Coldiretti in accordo con i sindacati in provincia di Arezzo ha stabilito delle tariffe separate: una per la retribuzione tutto l’anno e una per i soli periodi della raccolta – spiega il direttore di Coldiretti – 10,25 euro l’ora per un operaio comune durante l’anno, che diventano 7,40 per i periodi di raccolta: della frutta o del tabacco. Si tratta di un accordo con una tariffa concordata e una straordinaria che esiste all’interno del contratto nazionale di lavoro e che viene contestualizzato a livello provinciale. Oltre questo abbiamo un osservatorio agromafie contro il caporalato che è attivo in Coldiretti almeno da 10 anni e ha già redatto vari rapporti. Non solo, Coldiretti Toscana partecipa ed è capofila insieme ad associazioni e sindacati al progetto Demetra per definire quali siano in tutta la regione le situazioni critiche rispetto alle categorie protette, c’è in sostanza massima attenzione per evitare lo sfruttamento di persone fragili”. Per il direttore di Coldiretti nessuna situazione di emergenza rispetto al caporalato nel nostro territorio.

“Mi stupiscono questi dati relativi all’indagine sulle agromafie che puntano il dito su zone in cui si coltivano ortaggi a pieno campo, uva e olio come Cortona, tabacco come a Sansepolcro, bosco come nelle zone del Casentino e uva come a San Giovanni – dice Betti – parlare di caporalato in senso stretto nella mia idea è parlare di un’organizzazione strutturata che sfrutta lavoratori in maniera organizzata attraverso trattenute su quel poco che percepiscono. Diverso osservare che esistono lavoratori che rivendicano di aver lavorato più ore del previsto senza una retribuzione. E’ vero però che negli ultimi anni abbiamo rilevato una particolare situazione rispetto a quello che è divenuto un piccolo fenomeno locale: la presenza cioè di cooperative di lavoro, aziende di servizi, amministrate da stranieri, che assumono personalmente degli operai agricoli che poi vanno a fare attività di raccolta presso le nostre aziende. Noi sconsigliamo l’utilizzo di queste cooperative perché non siamo in grado di sapere cosa succede al loro interno, consigliamo invece di reperire operai agricoli direttamente”. Quanto agli strumenti di pagamento il direttore di Coldiretti non ha dubbi: “Una cosa che può aiutare la messa in trasparenza nei periodi di raccolta sarebbe il ritorno all’uso dei voucher, uno strumento valido per l’agricoltura. Purtroppo ne è stato fatto in passato un uso smodato in altri settori economici e sono stati eliminati, invece in agricoltura sarebbe molto utile”.