MARCO CORSI
Cronaca

Aggressione all'allenatore. Parla uno psicologo: "i ragazzi vanno aspettati.Troppa fretta"

Il dottor Gianluca Ricci, psicologo e psicoterapeuta aretino, ha parlato dei rapporti tra genitori e figli calciatori, che si ripercuotono anche nei rapporti con le società.

Lo stadio di Levane

Arezzo, 02 maggio 2018 - Il grave fatto di cronaca di Levane, con un genitore che ha picchiato un allenatore di calcio giovanile, ha fatto emergere, certamente in maniera troppo violenta, un problema che spesso riscontriamo in tribuna, durante le partite dei nostri figli. Problema, è bene precisarlo, che non riguarda tutti, ma solo alcuni genitori, fin troppo legati alle performance dei propri ragazzi, con conseguenze spesso deleterie anche nei rapporti con le società. Ne abbiamo parlato con il dottor Gianluca Ricci, psicologo e psicoterapeuta, che ha evidenziato un fatto molto importante. “ I genitori – ha detto – dovrebbero avere una maggiore tranquillità nell’aspettare i loro ragazzi. Sono fortemente spaventati dal fatto che i propri figli non siano i migliori. Emerge quindi, a livello generale, una convinzione: se mio figlio non diventa subito il numero uno della classe e non è il migliore in ambito sportivo, bruciando le tappe, a quel punto è un fallito. Questo è un problema grosso, perché se non si è in grado di attendere il suo momento, si rischia di bruciare il ragazzo, che va incontro ad una delusione”.

Secondo il dottor Ricci, quindi, il concetto che deve passare è questo: il problema non è quello di essere migliori, ma è quello di saper aspettare e riconoscere le qualità che ognuno ha. “Nessuno di noi – ha aggiunto lo psicologo – è migliore in tutti i settori. C’è qualcuno che è specializzato in un certo tipo di lavoro, altri che sono specializzati in altri tipi di attività. Qualcuno che è più bravo ad ascoltare e qualcuno che è più bravo a parlare. Ognuno ha le sue peculiarità e il genitore questo lo deve capire. Il figlio – ha proseguito il dottor Ricci – deve essere contenuto in caso di una delusione sportiva, facendo leva sul fatto che magari in quel momento non è pronto per fare quella cosa, ma che arriverà comunque il giorno nel quale sarà pronto”.

Arriviamo poi all’aspetto delle società sportive. “Secondo me hanno responsabilità nel rapporto con i genitori. Le società – ha aggiunto il professionista – hanno bisogno delle famiglie perché senza di loro, ad esempio, i ragazzi non potrebbero essere accompagnati al campo e senza di loro non ci sarebbero dirigenti accompagnatori. In quest’ultimo caso le società sportive devono però riuscire a definire in maniera precisa il ruolo dei genitori, che si devono spogliare dalla loro veste principale indossando quella di dirigente accompagnatore. Questo diventa difficile, – ha proseguito lo psicologo – e a quel punto la società sportiva potrebbe intervenire aprendo un dialogo maggiore con le famiglie e organizzando riunioni periodiche, facendosi i genitori alleati e portandoli dalla loro parte”. Un ultimo aspetto è legato all’atteggiamento troppo protettivo nei confronti dei ragazzi. “Quando i genitori entrano in questo modo nella vita dei figli – ha detto il dottor Ricci, riferendosi anche, ma non solo, all’episodio di Levane – , è perché cercano di proteggerli".

"E qui c’è l’errore. il genitore infatti, dice chiaramente al proprio figlio di essere pronto a risolvere personalmente la questione, ma in questo modo il ragazzo vede che il padre o la madre stanno mancando di rispetto ad un’autorità del momento, che può essere un allenatore o un insegnante o un istruttore. Mi riferisco infatti non tanto e non solo a quello che avviene nel mondo del calcio giovanile, ma ad esempio quello che avviene a scuola. Il rischio – ha concluso lo psicologo – è che quindi passi un messaggio: io mi sto facendo giustizia e faccio vedere a mio figlio che gli adulti possono essere contraddetti. Un domani, però, questo genitore, scoprirà che potrebbe essere il proprio figlio il primo a contestarlo. Perché se te insegni al tuo ragazzo che gli adulti possono essere contraddetti, allora possono essere contraddetti anche i genitori”.