Addio al duca degli aretini: la morte di Amedeo e le sue mille vite

Con Vittorio Emanuele litigò per il cognome Savoia, finì a pugni alle nozze di Felipe. Non si sono mai amati, ma ieri lui l’ha ricordato: le divisioni scompaiono di fronte al lutto

Amedeo d'Aosta coi figli nella villa di Meliciano

Amedeo d'Aosta coi figli nella villa di Meliciano

Arezzo, 2 giugno 2021 - Era il più giovane ma è stato il primo ad andarsene dei due cugini di sangue reale che per decenni si sono contesi la successione al fantomatico trono d’Italia e il cognome Savoia. Amedeo, duca d’Aosta, per la Consulta del Regno l’unico legittimo aspirante alla corona, è morto nella notte fra lunedì e martedì all’ospedale di Arezzo, reparto di urologia.

Lo ha stroncato un infarto proprio quando scalpitava per essere dimesso dopo un piccolo intervento seguito a quello grosso, subito il 27 marzo a Milano, per un tumore al rene. La camera ardente è allestita nella tenuta di Meliciano, comune di Castiglion Fibocchi, alle porte di Arezzo. Il funerale venerdì alle 11.30 a Firenze, a S. Miniato al Monte.

E chissà se si presenterà il cugino Vittorio Emanuele, il figlio di Umberto che gli aveva fatto causa per impedirgli di firmarsi Savoia senza il trattino Aosta. Probabilmente sì: affida alle agenzie il suo dolore, «che si acuisce nel ricordo di quelle divisioni che scompaiono davanti al lutto». Amedeo è morto nella terra in cui ha vissuto gran parte della sua vita.

Ad Arezzo aveva trovato un buen retiro sicuro, prima nella tenuta del Borro, eredità di famiglia, poi nella casa attuale. Un principe ma anche un uomo alla mano, che non disdegnava di frequentare gli ambienti più disparati, comprese le armerie cittadine in cui si ritrovavano i cacciatori come lui. E ad Arezzo erano cresciuti i figli avuti dalla prima moglie Claudia d’Orleans. La seconda, Silvia di Paternò, è stata presidente della Croce Rossa locale.

Amedeo era nato a Firenze il 27 settembre 1943. Il padre Aimone era in quel momento Re di Croazia. Dopo l’8 settembre, il rampollo e la madre furono internati dai nazisti nel campo austriaco di Hirschegg su ordine di Heinrich Himmler. La liberazione arrivò con i francesi nel maggio 1945, la madre Irene temeva l’arrivo dell’armata russa per la parentela con lo zar Nicola.

E lo stesso Amedeo era imparentato con i reali europei di più antico e prestigioso lignaggio, a partire dai cugini Juan Carlos di Borbone e Carlo del Galles. Il Duca fu il primo dei Savoia a giurare fedeltà alla Repubblica, negli anni ’60 in cui si arruolò come ufficiale di marina. Sarebbe forse divenuto un tranquillo signore di campagna se non fosse cresciuta la rivalità con Vittorio Emanuele.

I due non si sono mai amati. A cominciare dagli anni ’80 se ne dissero di tutti i colori, fino a darsi dei guardiani di porci. Contesa sfociata nella lite al matrimonio del principe Felipe, quando Amedeo si ritrovò con la faccia ammaccata, con la regina Sofia a sibilare il famoso «Nunca mas», mai più. Alle ruggini personali si sommarono le dispute dinastiche, con la successione di Vittorio Emanuele messa in dubbio per le sue nozze con una borghese.

Lui fece causa al duca per l’uso del cognome, con la paradossale situazione di un giudice della Repubblica a pronunciarsi su chi potesse chiamarsi Savoia. Vinse Vittorio Emanuele in primo grado ad Arezzo, Amedeo si rifece in appello a Firenze. Ma il duca era ben altro che un aristocratico incartapecorito.

Chi l’ha conosciuto lo ricorda come un uomo concreto e cordiale. Negli ultimi anni aveva vissuto a lungo a Pantelleria, fino a mettere in vendita la villa di Meliciano. La morte è arrivata prima, nella terra che l’aveva adottato da amico più che da principe.