
La folla al maxischermo
Arezzo, 6 giugno 2015 - Dieci Tevez sono in prima fila sulla curva di Sant'Agostino: tutti a ridosso della transenna, faccia a faccia con il maxischermo allestito dall'associazione commercianti. Calamita circa trecento spettatori e il centro ma non dovrebbe togliere spettatori allo stadio di Berlino. Bianconere le maglie dei dieci Tevez, bianconeri i completi o le gonne di tante ragazze che, chi per fede e chi per amore, partecipano alla notte delle grandi speranze.
Intorno l'altra città, quella che nel nome degli sfottò e dei motteggi del calcio (gradevoli fino a quando restano con il sorrisom sulle labbra) si scoprono una passione catalana irresistibile. Pensi di essere sulla curva della Juve, forse frastornato dai Tevez attaccati alla transenna, ma al terzo gol del Barcellona un boato ti riporta sulla terra.
Oddio, fa più rumore un tifoso che urla dei mille che gli soffrono intiorno. In piazza Sant'Agostino e nelle case, dove forse i fans veri si sono andati a rifugiare per godersi una delle notti calcistiche della vita in salotto, con il figlio o con il padre perché i colpi al pallone sedimentino e facciano memoria.
Il maxischermo è appoggiato alla fontana: è maxi ma non troppo. Nel caso in cui quelli di Giostra dovessero alla fine vedere la luce sarebbero più professionali e soddisfacenti. Ma per la gente va bene così. Permette di spalmare la festa fuori del salotto e forse di trovare un'acrobatica mediazione tra la fidanzata che vorrebbe uscire e te che vorresti rimanere incollato al teleschermo.
Alle spalle del maxischermo la giostrina continua a girare senza soluzione di continuità. Buffon respinge malamente un pallone e il cavallino gira in cerchio, Morata insacca il provvisorio pareggio e la musichina accarezza il 10° giro di Pierino.
Sulla balaustra si parlano tutte le lingue del mondo. Se sei straniero e vivi in Italia puoi mutuare la passione del calcio dai tuoi nuovi connazionali ma puoi anche, e legittimamente, rimanere attaccato alla squadra della tua terra. E così restano sulla balaustra, a frescheggiare e a seguire le evoluzioni della partita dalle facce dei tifosi, l'unica cosa che vedi restando dietro il maxischermo.
"No, non è possibile" esclama quasi ferita una ragazza, bianconera per fede e non per amore del fidanzato, al tiro di Marchisio che il portiere spedisce in angolo. Per sfogarsi fende la folla in orizzontale, dal centro della piazza verso l'Informagiovani. Più ti allontani dalla fontana più il tifo si dirada, da una parte e dall'altra, più la passione resta la voglia di curiosare un po'.
A cento metri i tavoli del ristorante di pesce sono pieni: con vista sul maxischermo ma i colori del sushi sembrano sedurli più del verde tenero di Berlino rimbalzato sul grigio pietra di Sant'Agostino. E affondano la forchetta nel tenero del pesce crudo, più e meglio di come Pirlo riesca a fare nella difesa blaugrana.
Al terzo gol ecco il boato che non ti aspetti: e una sorta di tana libera-tutti. Le fidanzate riprendono il controllo della situazione, le famiglie voltano le spalle al maxischermo, il pubblico sulle ali si sfrangia, si spegne l'ultima luce nella sede del Partito Democratico, che ha in mente un'altra partita e un altro spareggio.
Incollati alle transenne restano solo i dieci Tevez, quasi a rendere omaggio a quello vero. Sfilandosi alla fine la maglietta: non per scambiarla con gli avversari, che pure pullulano intorno soprattutto alla fine, ma perché fa caldo e neanche la giostrina su in cima alza un refolo d'aria.