
Mostra su Dante in Fraternita
Arezzo 2 maggio 2021 - In un atto notarile del 13 maggio 1304 redatto ad Arezzo dal notaio Ciuccio di Ser Dardo, il fratello di Dante, Francesco Alighieri da Firenze, contrae un debito di dodici fiorini d’oro con lo spadaio aretino Follione Iobbi e uno speziale come testimone. E se il fratello di Dante era ad Arezzo, forse per aiutare economicamente il poeta in esilio e gli altri guelfi bianchi a rientrare in patria, sicuramente c’era anche lui. E di tracce ce ne sono in città tra il 1303 e il 1304 lasciate da fonti e documenti. Di lui ne parla il Petrarca nelle epistole “Familiares” del 1359 attestando che Dante e suo padre vissero insieme in vicolo dell’Orto visto che il padre e il nonno di Petrarca erano segretari del vescovo Guglielmo. Non solo. In una lettera conservata alla Laurenziana di Firenze Petrarca scrive a Boccaccio di “non odiare” Dante e di averlo incontrato un paio di vote proprio ad Arezzo. C’è un passo di Leonardo Bruni nelle “Historiae Florentini populi” in cui si parla del soggiorno di Dante ad Arezzo. E c’è l’atto notarile del fratello Francesco, ora per la prima volta esposto al pubblico. Pagine, documenti, ritratti, lettere, atti. Tutti documenti preziosissimi conservati negli archivi della Fraternita e della Biblioteca di Arezzo nella mostra ”Omaggio al Sommo Poeta” aperta ieri in Fraternita con l’obiettivo di riportare l’attenzione su Arezzo come luogo legato alle vicende familiari e personali di Dante durante l’esilio che lo vede anche a Gargonza e in Casentino.
Documenti esposte al pubblico fino a dicembre, pagine di manoscritti e cinquecentine originali, spiegate da schede analitiche e approfondimenti, tra cui una preziosissima edizione della Divina Commedia datata 1481 con disegni di Sandro Botticelli, e ancora edizioni del 1497, del 1544, un Inferno del 1595 e un inedito ritratto di Dante appartenente alla collezione Bartolini che si presume sia stato copiato da una maschera originale di proprietà del poeta e che ha dato lo spunto per disegnare il logo della mostra. Un percorso curato da Elisa Boffa e Pierluigi Licciardello per la parte di ricerca storica, con allestimento di Alessandra Giannini, fotografie di Renato Raggi e direzione organizzativa di Paolo Drago.
“Al tempo di Dante la Fraternita già esisteva - precisano subito con orgoglio il primo rettore Pierluigi Rossi e Francesca Chieli rettore con delega alla cultura - nel 1263 veniva riconosciuta ufficialmente dal vescovo Guglielmo degli Ubertini e lui sicuramente l’ha conosciuta. In questi anni l’Istituzione aretina attraversava una significativa trasformazione adeguandosi al cambiamento degli assetti sociali e politici del tempo, un percorso ricostruito in mostra con documenti di archivio”. Tra questo lo Statuto e l'anagrafe degli abitanti di Porta Crucifera con nomi di famiglie nobili e potenti come Albergotti e Brandaglia ma anche gente del popolo. Ci sono i lasciti testamentari, i compiti del Gonfaloniere, la disputa con i domenicani sugli abiti dei moribondi da lasciare ai poveri che invece i frati non consegnavano alla Fraternita il cui principale accusatore è proprio il rettore Binduccio di Teri da Pietramala della famiglia del vescovo Guido Tarlati.
"Il 24 luglio 1304, giorno della nascita di Francesco Petrarca ad Arezzo - fa sapere Per Luigi Rossi - Dante si trovava già nella nostra città, culla di due padri della lingua italiana. Questa mostra mira a recuperare la memoria dei primi anni di vita della Fraternita dei Laici e della presenza di Dante ad Arezzo. Senza memoria non c’è identità storica e senso di appartenenza alla millenaria civiltà aretina”.
La mostra, organizzata iIn collaborazione con la Fondazione Guido d’Arezzo e con il contributo di Generali Assicurazioni, con il patrocinio del Comune di Arezzo, sarà aperta fino a dicembre con orario di visita: 10.30-18 ([email protected] ).