Larissa Iapichino: "La mia Olimpiade? la Maturità. Ma torno in pista più forte di prima"

A 19 anni il sogno spezzato di vincere una medaglia a Tokyo: ne ho approfittato per studiare e diplomarmi. "Ho fatto lo scritto su Ungaretti, il mio preferito. Il piede non fa più male e il 22 gennaio ricomincio a gareggiare"

Larissa Iapichino (Ansa)

Larissa Iapichino (Ansa)

Poteva essere in mezzo a loro, forse con una medaglia al collo. E invece Larissa Iapichino, 19 anni, fiorentina, astro nascente dell’atletica leggera azzurra nel salto in lungo, figlia di Fiona May e dell’ex nazionale di salto con l’asta Gianni Iapichino, si è fatta male al piede destro in giugno e ha dovuto guardare da casa un’Olimpiade mitica per l’Italia. Sarà per la prossima volta, per questa giovanissima campionessa abituata fin da bambina a stare sotto i riflettori (la ricorderete con la mamma, negli spot della nota fetta al latte).

Larissa, come sta? Ha recuperato dall’infortunio? "Sto bene, il recupero è andato benissimo grazie al tanto lavoro fatto con il fisioterapista Luca Morandini. Abbiamo seguito tutto il percorso per bene, poi ho ripreso ad allenarmi verso fine agosto, iniziando con una preparazione un po’ più lunga del solito perché ero rimasta ferma per due mesi". Ha annunciato che tornerà in pedana il 22 gennaio ad Ancona. Conta i giorni? "Nemmeno troppo, ci tengo solo ad arrivare preparata nel modo migliore possibile, ma non c’è ansia". Come ha sfruttato il tempo dello stacco forzato dallo sport? "Come ho fatto in questi giorni di Natale: in modo molto tranquillo, io non amo fare grandi festeggiamenti, per mio gusto personale. Allo stesso modo ho sfruttato il tempo dell’inattività forzata per dedicarmi alla famiglia e agli amici. Non ho fatto cose straordinarie, anche perché la caviglia mi faceva penare. Ne ho approfittato per guardare film, per girare per la mia Firenze in lunghe passeggiate. Amo molto l’arte, quindi è stato facile trovare cose da fare. Pensate che il mio sabato sera tipo è stare a casa e guardare Netflix, serie o film non fa differenza. E mi sono concessa qualche lungo aperitivo con le amiche, quando mi devo allenare il tempo a disposizione non c’è, per queste cose". Ha visto da lontano le Olimpiadi dei record azzurri: si aspettava tanti ori dall’atletica? "No, assolutamente, soprattutto i 100 metri di Jacobs e la staffetta, perché sono specialità nelle quale altre nazioni sono superpotenze. Non mi sarei mai aspettata una vittoria, una medaglia nella staffetta forse sì, ma non d’oro. I marciatori sono stati pazzeschi, l’oro di Tamberi invece non è stato così inatteso, conoscendolo. Ma Jacobs e la staffetta sono stati la sorpresa più grande perché quelle gare sono il simbolo dell’atletica. Io che faccio salto in lungo me ne devo fare una ragione: le specialità più attese sono quelle, non la mia". Lei avrebbe potuto essere lì con loro. Guardarli alla tv sarà stata una sofferenza. "No, per niente. Non è stato brutto perché mi hanno riempito di gioia i successi dei miei compagni. Certo sarebbe stato pazzesco fare un’esperienza simile a questa età, un’Olimpiade a 19 anni si vive in modo anche più amplificato. Ma quando ho saputo che non sarei potuta andare mi sono detta una cosa molto semplice". Quale? "Che piangersi addosso non avrebbe guarito quello che mi ero lesionato, era meglio rimboccarsi le maniche e pensare ad altro. E poi sono tornata". Nel frattempo ha dato la maturità scientifica, al liceo Leonardo da Vinci di Firenze. Come è stato l’esame? "È andato molto bene soprattutto l’orale, mi dispiace solo per i crediti. Ma col Covid è stato un esame molto particolare. Abbiamo dovuto portare un elaborato scritto in un mese; per matematica e fisica, materie fondamentali per il liceo scientifico, fisica era il mio terrore. Poi abbiamo dovuto esporlo in presenza". Le altre prove? "C’era l’analisi di un testo sorteggiato in quel momento, ho pescato ‘I fiumi’ di Ungaretti ed è andata bene perché era uno dei miei poeti preferiti. La parte più difficile è stata l’estrazione di un documento a caso, una frase o un’immagine, a partire dalla quale avremmo dovuto fare collegamenti con il maggior numero di materie possibili. E’ uscita un’immagine della prima guerra mondiale, ero pronta, dopo è stato facile". Si è iscritta a giurisprudenza a Firenze. Vuol fare l’avvocato, il magistrato? "Ancora non lo so, per ora penso solo a dare gli esami, poi al termine del percorso universitario vedrò quale strada prendere. Ci sono molte possibilità con una laurea in giurisprudenza". Da qualche mese si allena con suo padre. È molto diverso rispetto a un tecnico con cui non c’è lo stesso coinvolgimento emotivo? "Per me non c’è niente di strano, è un valore aggiunto, papà è una persona in cui ho fiducia sia sul piano tecnico e sportivo, che su quello personale. Riusciamo benissimo ad essere professionali quando serve, e a tornare padre e figlia quando chiudiamo la porta di casa". Non la sgrida mai? "Sempre, abbiamo caratteri molto simili. Ma è una cosa che fa parte del gioco". Ricevere il Dna da due grandi atleti l’ha sicuramente aiutata. Sul piano mentale che insegnamenti ha tratto da loro? "Tantissimi, perché entrambi hanno vissuto esperienze di alto livello, mio padre come atleta e allenatore, mia madre come atleta. Da loro ho preso consigli e spunti su cui riflettere, sono in pochi ad avere la fortuna di poter ricevere queste conoscenze di chi c’è passato prima di te e sa come ci si sente". Dica la verità, essere figlia d’arte non è un peso, a volte? "In realtà sì, da sempre. Da piccola mi vergognavo di essere figlia di mia mamma, io sono un tipo introverso, odio i riflettori, e mi sono ritrovata subito in uno spot pubblicitario. Ormai ci convivo, ma a volte questo tipo di attenzione non mi piace. Fin da piccola quando qualcuno diceva: è la figlia di Fiona May, io rispondevo che ero una persona normale". Cosa chiede al nuovo anno? "Solo di essere serena, felice e di tornare a saltare in gara: mi manca ormai da sei mesi, mi sembrano tre anni. Voglio solo tornare a saltare, percepire quell’ansia prima di una gara". Le prossime Olimpiadi saranno in Francia. Parigi è...? "Un sogno".