Il premier si tiene i 5 stelle: "Senza di voi addio governo"

Draghi non si può "accontentare" di un appoggio esterno né di rimpasti. E gli sms per chiedere la testa di Conte? "Non li ho, mai fatto tali dichiarazioni"

Il fondatore e garante dei Cinquestelle Beppe Grillo è nato nel luglio del 1948

Il fondatore e garante dei Cinquestelle Beppe Grillo è nato nel luglio del 1948

Roma, 1 luglio 2022 - Draghi tende un ramoscello d’ulivo a Conte, Conte rassicura tutti (niente uscita dal governo), ma i 5Stelle, dentro, sono una pentola a pressione. Mario Draghi, in conferenza stampa convocata ad hoc a Palazzo Chigi, dice "il governo non rischia, sono ottimista". Una frase di prammatica. Le parole chiave sono altre e si desumono de relato. La prima è "questo governo non si fa senza i 5Stelle". Una constatazione, per ora. Conte ha confermato che "non è sua intenzione uscire dal governo": lo ha detto a Mattarella, però, e non a Draghi. I due ancora non si parlano, si scambiano solo messaggini, si sentiranno oggi, poi si vedranno. Il gelo resta.

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La seconda frase è l’offerta di pace: "questo governo non si accontenta dell’appoggio esterno" perché "valutiamo troppo l’apporto del M5s". Inoltre, senza l’M5s, il governo sarebbe succube della Lega, primo gruppo alle Camere. La terza frase, quella decisiva, è uno scatto d’orgoglio e parla a M5s e Lega: "Questo – scandisce – è il primo e l’ultimo governo di questa legislatura di cui io sarò premier. Non sono disposto a guidare altri governi". Fine. Il resto è contorno. La sfida a chi di dovere perché gli legga i messaggi in cui avrebbe chiesto – a Grillo – la testa di Conte: "Attendo riscontri, io non li ho, non ho mai fatto tali dichiarazioni, è una cosa a me estranea".

Lo sforzo di invertire la narrazione e dimostrare che è tornato in fretta e furia a Roma (dal vertice Nato) per un importante Consiglio dei ministri sul caro bollette, il gas e il bilancio e non per evitare una crisi di governo sfiorata di poco. La verità è che Draghi, con l’ausilio di Mattarella, ha invertito l’onore della prova: "M5s o la Lega vogliono staccare la spina? Chiedetelo a loro". Alla litania degli incontri “di routine“, come si dice al Quirinale (Di Maio, Conte, Draghi) non crede nessuno. Prima Conte, ieri mattina Draghi. Il Colle ha messo in funzione gli estintori. Conte ha assicurato al Capo dello Stato che non vuole uscire dalla maggioranza e lassù non ha citato la formula mefistotelica dell’appoggio esterno. Il Colle ha spiegato al leader del M5s che troppe sfide attendono il Paese, le stesse citate da Draghi (guerra, crisi economica, siccità, Covid, Pnrr), ma gli avrebbe anche detto: se apri una crisi, la responsabilità diventa solo la tua, si va alle urne. Non a caso Draghi ha mandato, su suggerimento del Colle, dove si osservano le cose con sangue freddo, un doppio messaggio: l’apporto del M5s è fondamentale, ma io non sto qui a vivacchiare, o questo governo o tutti a casa.

Il guaio sono i 5Stelle. Si sono rincorse le voci sulla ricerca di una “miccia“ per far deflagrare la guerra: uno o più “incidenti“ parlamentari rispetto ai quali c’è solo l’imbarazzo della scelta (il dl Aiuti con il termovalorizzatore a Roma, l’attacco del governo al superbonus al 110%, ma il top è il nuovo invio di armi a Kiev) soffiano sul fuoco molti parlamentari, big compresi, perché "è in gioco la democrazia" e per "sventare nuove operazione di Palazzo alla IpF", ora nati come gruppo pure al Senato. Certo, i vitalizi scattano a settembre, ma la crisi o l’appoggio esterno per M5s è una scelta ad horas. Sennò, a settembre, a Pontida, ci penserà Salvini.